
La sanità pubblica italiana, un tempo modello internazionale, oggi affronta una crisi profonda tra sottofinanziamento, sprechi strutturali e un crescente ricorso al privato. Dietro la retorica dell’efficienza si celano tagli e privatizzazioni che minacciano l’universalità delle cure. Analizziamo dati, responsabilità e prospettive di un sistema sempre più fragile.
Un sistema in affanno: numeri e realtà
Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano, storicamente tra i più apprezzati al mondo, oggi fatica a garantire equità e accesso alle cure. Nel 2023 la spesa sanitaria pubblica si è attestata al 6,2% del PIL, ben al di sotto della media OCSE e UE, con un gap pro-capite di quasi mille dollari rispetto ai principali Paesi europei[2].
Nonostante una spesa complessiva che supera i 129 miliardi di euro, le regioni registrano disavanzi crescenti e la rinuncia alle cure colpisce soprattutto le fasce più deboli, raggiungendo il 37% tra chi ha maggiori difficoltà economiche[1].
Questi dati fotografano un sistema sotto pressione, dove la promessa di universalità rischia di essere svuotata dai fatti.
Sprechi: il tallone d’Achille della sanità pubblica
Secondo la Fondazione GIMBE, il 20% delle risorse della sanità pubblica italiana viene sprecato, una percentuale enorme che pesa come un macigno sulla sostenibilità del sistema[3].
Le principali cause di spreco sono inefficienze gestionali, acquisti non ottimizzati, inappropriatezza nell’erogazione dei servizi e scarsa attenzione alla prevenzione. Si tratta di risorse che potrebbero essere reinvestite per migliorare l’accesso e la qualità delle cure.
Nonostante la gravità del fenomeno, la lotta agli sprechi rimane spesso in secondo piano rispetto al dibattito sui finanziamenti, alimentando una spirale di inefficienza e sfiducia.
Tagli e sottofinanziamento: la lenta erosione del SSN
Dal 2010 il gap tra la spesa sanitaria italiana e quella dei principali Paesi europei si è progressivamente ampliato, arrivando a oltre 50 miliardi di euro complessivi[2].
I tagli lineari e il mancato adeguamento dei finanziamenti hanno prodotto effetti devastanti: liste d’attesa infinite, carenza di personale, strutture obsolete e diseguaglianze territoriali sempre più marcate.
La retorica dell’efficienza spesso nasconde semplici riduzioni di spesa, che finiscono per colpire direttamente la qualità e l’accessibilità dei servizi.
Privatizzazioni mascherate: efficienza o smantellamento?
Negli ultimi anni si è assistito a un progressivo aumento della spesa privata e intermediata, con una quota di spesa out-of-pocket superiore alla media europea[2].
La crescente presenza di fondi sanitari integrativi e assicurazioni private viene spesso presentata come risposta efficiente alle carenze del pubblico, ma di fatto rischia di minare i principi di universalità e uguaglianza.
Dietro la parola 'efficienza' si cela una privatizzazione strisciante: servizi essenziali vengono progressivamente affidati al mercato, lasciando indietro chi non può permettersi di pagare.
Quale futuro per la sanità pubblica?
Il rischio concreto è quello di un sistema a doppia velocità, dove solo chi può permetterselo accede rapidamente a cure di qualità, mentre il resto della popolazione resta intrappolato tra attese e rinunce.
Per invertire la rotta servono investimenti mirati, una lotta seria agli sprechi e una governance trasparente che metta al centro il diritto alla salute.
La difesa della sanità pubblica non può essere affidata solo a slogan: occorrono scelte politiche coraggiose e una mobilitazione collettiva per salvaguardare un patrimonio di tutti.