Fenice, la società di Chiara Ferragni, riduce del 78% il personale. Crisi e liquidità azzerata mettono a rischio il futuro del brand.
La crisi di Fenice, la società che gestisce i business di Chiara Ferragni, non accenna a fermarsi. Secondo gli ultimi documenti depositati in Camera di commercio, l’azienda ha ridotto del 78% l’organico, lasciando a casa tre dipendenti su quattro. Se a fine 2023 i lavoratori erano 27, oggi ne restano soltanto 6, dopo accordi transattivi e licenziamenti che certificano la difficile situazione societaria.
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Fenice in bilico: dai ricavi record al tracollo
Il ridimensionamento del personale non è bastato a invertire la rotta. I ricavi sono infatti passati dai 12,5 milioni di euro del 2023 a poco più di 1,7 milioni nel 2024, con una perdita d’esercizio di 3,3 milioni. Nemmeno l’iniezione di capitale da 6,4 milioni di euro versata da Chiara Ferragni lo scorso marzo è riuscita a stabilizzare i conti: la liquidità aziendale è crollata da 1,9 milioni a soli 3.929 euro in cassa. Una cifra simbolica che sembra raccontare più di qualsiasi parola il declino di Fenice.
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Conti a picco e liquidità azzerata
Il bilancio evidenzia anche oltre 4,9 milioni accantonati a fondi rischi e oneri, tra cui contenziosi legali aperti, buonuscite del personale e potenziali controversie con clienti e società controllate. Un quadro che riflette la fragilità della società, già provata dallo scandalo del Pandoro Gate che ha compromesso la reputazione del brand.
Calabi passa da “volontario” a manager da 220mila euro
Claudio Calabi, amministratore chiamato a rimettere ordine dopo lo scandalo, all’inizio aveva rinunciato al compenso. Col tempo le cose sono cambiate: oggi percepirà 220mila euro lordi l’anno, scelta voluta dalla stessa Ferragni ma contestata dal socio di minoranza Pasquale Morgese. Una mossa che aggiunge benzina sul fuoco in un quadro già rovente.
Il futuro di Fenice resta incerto
Secondo lo stesso Calabi, la ripresa dipenderà in gran parte dall’esito delle cause legali in corso. Per il 2025 l’obiettivo è contenere le perdite, non puntare a grandi rilanci. Intanto, resta l’immagine di una Fenice che, invece di risorgere dalle ceneri, fatica a non bruciarsi definitivamente.
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