L’Onu oggi: una crisi, o un’agonia?

Pubblicato: 21/09/2025, 10:02:20 ·

di Maurizio Sacchi Nel 2022, l'Assemblea delle Nazioni Unite per l'Ambiente ha adottato una risoluzione per creare un trattato giuridicamente vincolante per porre fine all'inquinamento da plastica e ha convocato un Comitato Internazionale di Negoziazione (INC) per sviluppare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante. A Ginevra, in agosto, dove 184 Paesi erano presenti, la risoluzione che L’elenco degli episodi in cui le risoluzioni dell’Assemblea sono risultate lettera morta é lungo e concorre a rafforzare una sensazione della inutilità e dell’anacronicità dell’Organizzazione, fino ad ipotizzarne la soppressione, magari sottolineandone il costo e l’inefficienza.

di Maurizio Sacchi

Nel 2022, l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha adottato una risoluzione per creare un trattato giuridicamente vincolante per porre fine all’inquinamento da plastica e ha convocato un Comitato Internazionale di Negoziazione (INC) per sviluppare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante.  A Ginevra, in agosto, dove 184 Paesi erano presenti, la risoluzione che doveva entrare in atto  ha visto l’opposizione di Stati Uniti, Arabia Saudita, Russia, Cina, India, Iran, Brasile, Cuba, Pakistan, Kenya e Nicaragua: nazioni che, per diversi motivi, proteggono forti interessi economici legati alla filiera della plastica e del petrolchimico. Vista l’importanza dei Paesi dissidenti, l’accordo si può definire naufragato di fatto.

Questo fallimento sembra rimarcare, una volta di più, l’irrilevanza del’ONU, che, alla prova dei fatti, risulta impotente. L’elenco degli episodi in cui le risoluzioni dell’Assemblea sono risultate lettera morta é lungo e concorre a rafforzare una sensazione della inutilità e dell’anacronicità  dell’Organizzazione, fino ad ipotizzarne la soppressione, magari sottolineandone il costo e l’inefficienza. In realtà, fin dalla sua nascita alla fine della Seconda guerra mondiale, era evidente che questo organismo non poteva ambire al ruolo di “governo planetario”. Il diritto di veto attribuito alle grendi potenze é sempre stato il maggiore ostacolo nelle occasioni in cui l’Onu si é confrontata con decisioni difficili, e nel corso dei quasi 80 anni della sua vita, periodicamnte si é sentito dire che esso andrebbe rimosso. In questo momento, dopo che Donald Trump ha tagliato in modo drastico il contributo degli Stati uniti alle varie agenzie umanitarie che fanno capo all’Onu, e dopo aver  annunciato il 4 febbraio  il ritiro degli Stati Uniti  dal principale organismo delle Nazioni Unite per i diritti umani il depotenziamento dell’unica organizzazione planetaria esistente é ormai un fatto. 

Ma questa crisi dell’Onu non significa la sua fine. Poiché il suo assetto deriva soprattutto dagli equilibri esistenti all’atto della sua creazione, che vedevano i Paesi vincitori della Seconda guerra mondiale, poi corretti con l’ammissione della Repubblica popolare cinese sia all’Assemblea che nel Consiglio di sicurezza, perché le Nazioni unite riacquistino prestigio e rilevanza é necessario un riequilibrio, un nuovo assetto che rispecchi i cambiamenti già avvenuti, e destinati a crescere, nel panorama planetario. Oggi i Paesi europei, gli Stati uniti, e i loro alleati storici (Canada, Australia e Nuova Zelanda, forse il Giappone e la Corea del Sud) rappresentano tra il 10 e il 12 percento della poplazione mondiale. Anche sul piano economico, l’egemonia degli Usa e dell’Europa si può considerare tramontata. Per riflettere in modo fedele la realtà, sarebbe necessaria una riforma degli organismi che attribuisca un ruolo più importante al restante 88 o 90 percento degli esseri umani del nostro Pianeta.

Da questo punto di vista le cose si stanno già muovendo: i Brics+, come vengono definiti ora, dopo che a Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica si sono aggiunti Paesi importanti come l’Egitto, l’Arabia saudita, l’Iran, e con altri Paesi importanti come l’Indonesia in lista d’attesa, sono già una realtà. Quella che prima appariva come una debolezza di questa alleanza – il fatto di includere Paesi eterogenei e perfino in conflitto storico, come Cina e India – in questo nuovo scenario può rappresentare un punto di forza. Tutti i membri dei Brics+ percepiscono lo squilibrio a favore del cosiddetto Occidente sia nella raltà economica e strategica, che nel peso relativo all’interno degli organismi internazionali: non solo l’Onu, ma anche l’Organizzazione mondiale del commercio, e in tante agenzie, nella gestione sanitaria, dei diritti umani, e così via. Non é detto che i Brics+ riescano nel tentativo di ridisegnare gli equilibri all’interno di un’Onu riformata. Ma questo é certamente possibile, anche perché il disimpegno, anche sprezzante, degli Usa di Trump dall’Organizzazione, apre uno spazio alle altre potenze emergenti. Sarebbe da auspicare, dato che i più imporanti problemi che l’umanità deve affrontare -dalla crisi climatica alle guerre, dalle pandemie ai rischi del ritorno al protezionismo- sono di natura globale, e quindi non risolvibili se affrontati dal punto di vista locale o nazionale. 

Infine, una ragione vitale per tenere in vita l’Onu risiede nella sua stessa fondazione. A differenza della precedente, fallimentare esperienza della Società delle Nazioni, pur essendo entrambe nate dai Paesi vincitori dei due conflitti mondiali, le Nazioni unite hanno ammesso anche i Paesi perdenti: l’Italia nel 1955, il Giappone nel 1956, e le due Germanie nel 1973. Vi é stao insomma un autentico tentativo di essere un’entità inclusiva, e orientata alla pace. Con tutti i fallimenti, innegabili, degli 80 anni dell’Organizzazione, non si può negare che essa abbia svolto un ruolo importante nel contenere i rischi di un conflitto mondiale, e non solo. Dall’Unicef all’ Acnur, dall’Oms all’Unesco, decine di migliaia di esperti e miliardi di dollari sono stati impegnati nello sforzo di alleviare, se non di eliminare, le diseguaglianze e le ingiustizie che ancora affliggono la nostra casa comune.   

Per ora, anche un’Onu riformata non può ambire nemmeno da lontano al ruolo di governo mondiale. Troppi principi di quella che chiamiamo (almeno in Occidente) democrazia sono inapplicabili a questo livello. Non é pensabile, per ora, che sia rispettato il principio “un uomo (meglio: un essere umano”) un voto”: altrimenti, la rappresentanza all’Assemblea generale dovrebbe vedere una maggioranza schiacciante dei Paesi più popolosi -Cina, India, Indonesia, ecc ecc)- e l’irrilevanza o quasi di Usa ed Europa. Che non accetterebbero mai una situazione simile. Quanto al Consiglio di sicurezza, giuridicamente si tratta di un’aberrazione. Ma l’Onu non può esistere attenendosi a principi, per quanto nobili, irrealizzabili. Una certa dose di compromesso, e di accettazione dei rapporti di forza esistenti al momento é la condizione per la sua sopravvivenza, e, ci si augura, di una sua maggiore operatività.

Nell’immagine, foto ufficile dell’Asseblea generale delle Nazioni unite