I versi satanici di chi voleva Rushdie morto

Pubblicato: 21/09/2025, 08:21:16 ·

L’assalto al diritto di espressione non ha mai requie. Una storia del 1989, quando cadde il muro di Berlino e pareva avesse vinto la libertà. Un a…

L’assalto al diritto di espressione non ha mai requie. Una storia del 1989, quando cadde il muro di Berlino e pareva avesse vinto la libertà. Un autore condannato alla lama da Khomeini e da tanti zelanti occidentali

Il 1989 ha coinciso con un entusiasmante atto di liberazione, il crollo del muro di Berlino, e con una delle più clamorose e feroci manifestazioni di censura (potenzialmente planetaria) nei confronti di uno scrittore. Il 1989 è l’anno dello scandalo dei Versi satanici di Salman Rushdie, pubblicati in Italia presso Mondadori. Quando il libro esce in contemporanea in molti Paesi l’ayatollah Khomeini emette da Teheran la sua fatwa, una condanna a morte per blasfemia che autorizza ogni musulmano del mondo a uccidere lo scrittore, meritevole della punizione più disumana. Sono anche minacciati gli editori che si rifiutano di togliere dal commercio l’opera maledetta e anche alle grandi catene mondiali delle librerie viene intimato di bruciare le copie di quel libro infernale: resisteranno solo perché Stephen King, una miniera d’oro per chi lo pubblica e ne diffonde i bestseller, minacciò a sua volta di ritirare tutti i suoi libri se si fosse ceduto ai ricatti dell’integralismo islamico. Intanto il traduttore giapponese dei Versi muore sgozzato nel suo appartamento; quello italiano, Ettore Capriolo, viene pugnalato e abbandonato dal suo aggressore in una pozza di sangue: se la caverà, ma deciderà di interrompere la sua attività di traduttore.

La fatwa khomeinista fa il giro del mondo e le piazze islamiche si infiammano auspicando a gran voce e trascinati da una frenesia fanatica senza pari la morte di Salman Rushdie. Sui cartelli compaiono caricature in cui lo scrittore assume sembianze diaboliche, con scritte che incitano all’assassinio del “nemico di Dio”: “Impiccate Satan Rushdy” (testuale). Dall’Iran, Khamenei esorta i musulmani ad agire senza indugio: “La freccia nera del castigo sta per conficcarsi nel cuore di questo blasfemo bastardo”. Rushdie è costretto per anni a nascondersi, a condurre la vita del bersaglio numero uno, del braccato speciale. Dopo tanti anni la vicenda sembrava conclusa e le misure di sicurezza a tutela della vita di Rushdie vengono allentate, ma un fanatico islamista, nell’agosto del 2022, colpisce con un coltello lo scrittore riducendolo in fin di vita. Rushdie sopravvive all’attentato e ne scrive in un libro sconvolgente come Knife (coltello).

Ma il fatto più sconvolgente è non solo l’indifferenza ma spesso l’attiva complicità di molti intellettuali di fama mondiale con le minacce dei carnefici, dimostrando ancora una volta quanto poco amore per la libertà d’espressione alberghi nell’animo di una categoria che si è piegata a ogni totalitarismo, a ogni dittatura. Cat Stevens, nel frattempo convertitosi all’Islam reincarnandosi in Yusuf Islam, “si presentò davanti alle telecamere”, è lo stesso Rushdie a raccontarlo, “augurandosi la mia morte e dichiarando che sarebbe stato disposto a chiamare gli squadroni della morte”, se solo avesse saputo dov’era nascosto quel blasfemo. Cat Stevens aggiunse anche, particolare che lo rende ancora più odioso, che se Rushdie si fosse presentato a casa sua per chiedere soccorso non avrebbe esitato a chiamare i sicari di Khomeini per ucciderlo all’istante. Il Premio Nobel egiziano Nagib Mahfuz, considerato addirittura un “eretico”, proclamò: “Rushdie non ha il diritto di insultare nessuno, in particolar modo il Profeta”. E John Le Carrè: “È mia opinione che Rushdie non abbia niente da dimostrare se non la sua insensibilità”. E lo storico Hugh Trevor Roper, che pochi anni prima aveva accreditato il bidone dei falsi diari di Hitler: “Non verserei una lacrima se qualche musulmano inglese lo aspettasse in un angolo buio per insegnarli le buone maniere”. Un altro libro del Novecento, di Julian Benda, si intitolava “Il tradimento dei chierici”. Ecco, appunto.