Il cinismo strategico della Turchia: tra NATO, Russia e Unione Europea

Pubblicato: 18/09/2025, 13:07:33 ·
Ambiguità e calcolo nella politica estera di Ankara

La Turchia si muove con abilità tra le grandi potenze, sfruttando la sua posizione geopolitica per massimizzare vantaggi e influenza. Il suo ruolo ambiguo tra NATO, Russia e Unione Europea solleva interrogativi sulla coerenza dei suoi valori e sulla reale natura delle sue alleanze. Questo articolo analizza le contraddizioni e il cinismo che caratterizzano la politica estera turca.

Un baricentro instabile tra Occidente e Oriente

La Turchia si è sempre presentata come una media potenza capace di dialogare sia con l’Occidente che con l’Oriente. Questa posizione le ha permesso di assumere un ruolo da protagonista nelle dinamiche regionali e internazionali, senza mai schierarsi in modo definitivo.

L’ambiguità della sua politica estera è diventata ancora più evidente negli ultimi anni, con Ankara che alterna aperture e chiusure verso la NATO, la Russia e l’Unione Europea, scegliendo di volta in volta l’interlocutore più conveniente per i propri interessi nazionali[2][3].

Questa strategia, apparentemente priva di coerenza ideologica, si fonda su un unico principio: la difesa dell’interesse e della sicurezza nazionale prima di ogni altra cosa.

Il doppio gioco tra NATO e Russia

Nel contesto della guerra in Ucraina, la Turchia ha saputo destreggiarsi tra le richieste della NATO e la necessità di mantenere rapporti privilegiati con la Russia. Da un lato, ha fornito sostegno militare all’Ucraina; dall’altro, ha continuato a intrattenere scambi economici con Mosca, evitando di applicare sanzioni e proponendosi come mediatore credibile tra le parti[3].

Questa posizione le ha permesso di accrescere il proprio peso negoziale sia all’interno dell’Alleanza Atlantica che nei confronti della Russia, sfruttando le tensioni tra le due potenze per rafforzare la propria autonomia strategica.

Il risultato è una Turchia sempre più imprevedibile e difficile da inquadrare, che usa la diplomazia come strumento di potere piuttosto che come reale vocazione pacificatrice.

L’adesione all’Unione Europea: una leva, non un obiettivo

Il processo di adesione della Turchia all’Unione Europea è ormai da anni in stallo, bloccato da questioni legate al rispetto dei diritti umani, allo Stato di diritto e alla gestione autoritaria del potere[3].

Ankara, tuttavia, non ha mai rinunciato formalmente a questa prospettiva, utilizzando la candidatura come strumento di pressione e negoziazione con Bruxelles. L’obiettivo reale sembra essere quello di ottenere vantaggi economici e politici, più che una vera integrazione culturale e istituzionale.

L’UE, dal canto suo, tollera l’ambiguità turca in cambio di stabilità regionale, pur riconoscendo che l’importanza strategica non può compensare il deficit democratico.

Il cinismo della realpolitik turca

La politica estera della Turchia riflette un cinismo spinto, in cui i valori dichiarati lasciano spesso il posto a interessi contingenti e calcoli di potere. L’identità geopolitica di Ankara appare fluida, pronta a cambiare alleanza o priorità a seconda delle circostanze.

Questo approccio ha rafforzato il profilo internazionale del Paese, ma ha anche generato diffidenza tra gli alleati e incertezza negli equilibri regionali[1][3].

La Turchia di oggi non è più il ponte tra mondi diversi, ma un baricentro instabile da cui dipende buona parte della sicurezza eurasiatica. Il rischio è che questa ambiguità, se non gestita, possa trasformarsi in una minaccia per la coesione dell’intero sistema transatlantico.