Negli ultimi mesi è emersa sui social una teoria del complotto che prevede lo scoppio della terza guerra mondiale il 3 novembre 2025. Questo articolo esplora le origini di questa narrazione, i meccanismi psicologici e sociali che ne favoriscono la diffusione e le possibili conseguenze di tali credenze nella società contemporanea.
Origini e diffusione della teoria del complotto
La teoria secondo cui il 3 novembre 2025 scoppierà la terza guerra mondiale ha preso piede principalmente attraverso piattaforme social come TikTok, YouTube e Instagram. Questi canali favoriscono la viralità di contenuti che suscitano forti emozioni, indipendentemente dalla loro veridicità, amplificando così la diffusione di narrazioni cospirazioniste.
Spesso tali teorie si inseriscono in narrazioni preesistenti e rispondono a bisogni emotivi e identitari degli utenti. In un mondo iperconnesso, la percezione della realtà è influenzata da algoritmi e dinamiche sociali che possono creare una realtà condivisa basata più sulla percezione che su fatti verificati.
Meccanismi psicologici dietro la credenza nelle teorie del complotto
Studi recenti evidenziano che emozioni come la rabbia possono aumentare la propensione a credere in teorie del complotto. In particolare, la cosiddetta 'rabbia di tratto', ovvero una tendenza stabile a provare rabbia intensa, è associata a una maggiore percezione di malevolenza nei confronti dei presunti cospiratori.
Questi meccanismi emotivi si combinano con bias cognitivi e vizi epistemici, che facilitano la formazione di una mentalità complottista. La difficoltà nel distinguere tra fonti affidabili e non, unita a una forte componente emotiva, rende più facile accettare narrazioni apocalittiche senza un adeguato controllo critico.
Implicazioni sociali e rischi della diffusione di tali teorie
La diffusione di teorie come quella della terza guerra mondiale imminente può generare ansia collettiva e sfiducia nelle istituzioni. Questo clima può indebolire il dibattito pubblico e favorire la polarizzazione sociale, con conseguenze negative per la coesione sociale e la stabilità democratica.
Inoltre, come dimostrato da studi su altre teorie del complotto, la credenza in narrazioni infondate può portare a comportamenti dannosi, come il rifiuto di informazioni scientifiche o di misure di prevenzione. È quindi fondamentale promuovere un’informazione critica e basata su evidenze per contrastare la diffusione di disinformazione.