
In Italia, le donne guadagnano in media il 20% in meno rispetto agli uomini a parità di ruolo, con differenze che arrivano fino al 40% in alcuni settori. Questo divario salariale, che si mantiene stabile da anni, riflette discriminazioni strutturali e culturali che il Paese fatica a superare, nonostante le strategie europee e le politiche nazionali. L'articolo analizza le cause, le conseguenze e le contraddizioni di una situazione che penalizza non solo le donne, ma l'intera società italiana.
Un divario salariale che non accenna a diminuire
Le donne in Italia percepiscono stipendi mediamente inferiori del 20% rispetto agli uomini a parità di ruolo, con punte che raggiungono il 40% in settori come quello immobiliare e quello scientifico-tecnico. Questo dato emerge chiaramente dal Rendiconto di Genere 2024 dell’INPS e da altri rapporti internazionali, che evidenziano come il divario salariale sia una realtà persistente e radicata nel mercato del lavoro italiano.
Nonostante le laureate inizino la carriera con stipendi già inferiori rispetto ai colleghi maschi, questo svantaggio si mantiene e spesso si accentua nel corso della vita lavorativa, dimostrando che il problema non è solo legato all’ingresso nel mondo del lavoro, ma a una discriminazione strutturale che si perpetua nel tempo.
Le differenze salariali sono inoltre più marcate nel Mezzogiorno, dove l’occupazione femminile è più bassa e le opportunità di carriera più limitate, confermando come il divario di genere sia anche un problema territoriale e sociale.
Le cause profonde del gender pay gap in Italia
Il divario salariale tra uomini e donne non è solo una questione di discriminazione diretta, ma è il risultato di molteplici fattori interconnessi. Tra questi, la segregazione occupazionale, con le donne spesso confinate in settori meno remunerativi o in posizioni di minor responsabilità.
La scarsa presenza femminile nei ruoli dirigenziali, dove rappresentano solo un quinto del totale, contribuisce a mantenere alta la disparità salariale complessiva. Inoltre, le interruzioni di carriera dovute a maternità e responsabilità familiari pesano negativamente sulle prospettive di crescita professionale e retributiva.
Il persistente stereotipo culturale che assegna alle donne il ruolo principale di cura familiare limita le loro opportunità lavorative e giustifica, spesso implicitamente, un trattamento economico inferiore rispetto agli uomini.
Le politiche e le promesse: un gap tra teoria e realtà
La Strategia europea per la parità di genere 2020-2025 ha posto la parità salariale come priorità, sancendo il principio della “stessa retribuzione per un lavoro di pari valore”. Tuttavia, in Italia, queste direttive faticano a tradursi in risultati concreti.
Il Governo ha stanziato risorse per il contrasto delle disuguaglianze e della violenza di genere, ma i fondi, pur importanti, non sembrano sufficienti a modificare un sistema profondamente radicato nelle disparità.
La certificazione della parità di genere, introdotta come misura per incentivare le aziende a ridurre il divario, è ancora poco diffusa e spesso percepita come un adempimento formale più che un reale impegno verso l’uguaglianza.
Le conseguenze sociali ed economiche di un divario inaccettabile
Il gender pay gap non è solo una questione di equità, ma ha impatti negativi sull’intera economia italiana. Le donne sottopagate contribuiscono meno al sistema previdenziale e hanno minori risorse per consumi e investimenti, rallentando la crescita economica complessiva.
Inoltre, la persistenza di disparità salariali alimenta la povertà femminile e rende più difficile per le donne raggiungere l’indipendenza economica, aumentando la loro vulnerabilità sociale.
Il mancato riconoscimento del valore del lavoro femminile perpetua stereotipi e disuguaglianze, ostacolando la piena partecipazione delle donne alla vita economica e sociale del Paese.
Perché il dibattito resta acceso e divisivo
Il tema delle disparità salariali tra uomini e donne in Italia è fonte di accesi dibattiti, spesso polarizzati tra chi minimizza il problema e chi ne denuncia l’urgenza. Alcuni sostengono che il divario sia dovuto a scelte personali o a differenze di carriera, ignorando le barriere strutturali e culturali che limitano le opportunità femminili.
Altri invece vedono nel gender pay gap la manifestazione più evidente di un sistema patriarcale che continua a penalizzare le donne, nonostante le apparenze di progresso e le normative esistenti.
Questa divisione rallenta l’adozione di misure efficaci e alimenta un clima di sfiducia, rendendo difficile costruire un consenso necessario per affrontare seriamente il problema.