La Privatizzazione delle Autostrade: Il Tradimento dello Stato verso i Cittadini

Pubblicato: 18/09/2025, 21:56:48 ·
Come la cessione delle autostrade ha trasformato un bene pubblico in un affare privato a discapito della sicurezza e degli utenti

La privatizzazione delle autostrade italiane, avviata negli anni ’90, rappresenta una ferita aperta nella gestione delle infrastrutture nazionali. Lo Stato ha abdicato al proprio ruolo di garante del bene comune, consegnando la gestione a società private che hanno lucrato enormemente, spesso a discapito della sicurezza e degli interessi dei cittadini. Questo articolo analizza le conseguenze di questa scelta, denunciando un vero e proprio tradimento istituzionale.

Dalla proprietà pubblica alla gestione privata: un passaggio controverso

Negli anni ’90, con la privatizzazione di Autostrade per l’Italia, lo Stato ha ceduto la gestione della rete autostradale a società private, mantenendo formalmente la proprietà delle infrastrutture. Questo passaggio ha segnato l’inizio di un processo che avrebbe trasformato un bene pubblico in una fonte di profitto per pochi, a discapito della collettività.

La società Autostrade per l’Italia, controllata da Atlantia e dalla famiglia Benetton, ha assunto il controllo della rete con l’obiettivo dichiarato di garantire efficienza e investimenti. Tuttavia, la realtà ha mostrato un quadro ben diverso, con tariffe in aumento e manutenzioni spesso insufficienti.

La proroga delle concessioni fino al 2042, decisa nel 2018, ha ulteriormente consolidato questo modello, senza che lo Stato imponesse adeguati controlli o garanzie per la sicurezza e la qualità del servizio.

Profitti stratosferici a fronte di investimenti irrisori

Con un investimento iniziale di appena 100.000 euro, Atlantia ha ottenuto profitti per oltre 21 miliardi di euro tra il 2003 e il 2020, un guadagno sproporzionato rispetto agli investimenti reali effettuati sulla rete autostradale.

Questi dati evidenziano come la privatizzazione sia stata un affare per pochi, non per la collettività. I pedaggi sono aumentati costantemente, ma i servizi e la manutenzione non hanno seguito lo stesso ritmo, mettendo a rischio la sicurezza degli utenti.

Il crollo del Ponte Morandi nel 2018 è stato il tragico simbolo di questa gestione negligente, che ha dimostrato come la ricerca del profitto abbia prevalso sulla tutela della vita e del bene pubblico.

Il ruolo ambiguo dello Stato: garante o complice?

Lo Stato, invece di vigilare e tutelare i cittadini, ha spesso assunto un ruolo ambiguo, accettando compromessi che hanno favorito le società private. La proroga delle concessioni e la mancata revisione delle tariffe sono esempi lampanti di questa complicità.

La recente vendita della quota di Atlantia in Autostrade per l’Italia a una cordata composta da Cassa Depositi e Prestiti, Blackstone e Macquarie non ha risolto i problemi di fondo, ma ha solo cambiato i protagonisti, mantenendo un modello di gestione privatistica e poco trasparente.

Il fatto che una parte rilevante della nuova compagine azionaria sia costituita da fondi internazionali solleva ulteriori dubbi sulla reale attenzione agli interessi nazionali e dei cittadini.

Un modello da rivedere: la necessità di un ritorno al pubblico

La gestione delle autostrade non può essere un affare privato, perché riguarda un bene essenziale per la sicurezza, la mobilità e lo sviluppo economico del Paese.

È urgente un ripensamento radicale che preveda un ritorno a una gestione pubblica o almeno a un controllo molto più stringente da parte dello Stato, con criteri trasparenti e orientati all’interesse collettivo.

Solo così si potrà garantire una manutenzione adeguata, tariffe giuste e soprattutto la sicurezza degli utenti, evitando che tragedie come quella del Ponte Morandi si ripetano.

Conclusioni: un tradimento da non dimenticare

La privatizzazione delle autostrade italiane rappresenta un tradimento dello Stato nei confronti dei cittadini, consegnati a un sistema che premia il profitto a scapito della sicurezza e della qualità del servizio.

Le responsabilità politiche e istituzionali sono evidenti e non possono essere ignorate: è necessario un impegno forte per rivedere questo modello e restituire ai cittadini il controllo su un bene così strategico.

Il futuro delle infrastrutture italiane dipende dalla capacità di mettere al centro l’interesse pubblico, superando logiche di mercato che hanno dimostrato tutta la loro inefficacia e pericolosità.