L’ipocrisia dell’Unione Europea nella crisi migratoria del Mediterraneo

Pubblicato: 18/09/2025, 15:46:54 ·
Tra parole di solidarietà e abbandono degli stati di frontiera: la contraddizione europea

L’Unione Europea mostra un atteggiamento contraddittorio e ipocrita nella gestione della crisi migratoria nel Mediterraneo. Mentre proclama principi di solidarietà, lascia soli gli stati di frontiera come Italia, Grecia e Spagna, che sopportano il peso maggiore degli arrivi. L’assenza di una politica comune efficace e la delega a paesi terzi alimentano un sistema di abbandono e ingiustizia.

Il peso sproporzionato degli stati di frontiera

Nonostante le dichiarazioni ufficiali di solidarietà, l’Unione Europea continua a far gravare la gestione della crisi migratoria quasi esclusivamente sugli stati di primo ingresso, come Italia, Grecia, Malta e Spagna. Questi paesi si trovano a dover affrontare un flusso migratorio intenso e pericoloso, soprattutto lungo la rotta del Mediterraneo centrale, che rimane la più trafficata con un aumento degli arrivi del 12% nel primo semestre del 2025 rispetto all’anno precedente.

L’Italia, in particolare, ha visto un aumento dell’80% degli arrivi dalla Libia, principale paese di partenza dei migranti, con oltre 20.800 persone sbarcate solo nei primi sei mesi del 2025. Questa pressione crescente non è accompagnata da un sostegno concreto e condiviso da parte degli altri stati membri, che continuano a sottrarsi alle proprie responsabilità.

Il principio di solidarietà sancito dall’articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea resta così lettera morta, mentre le frontiere esterne dell’UE diventano un confine di esclusione e abbandono.

Le politiche europee: tra accordi opachi e deleghe pericolose

L’UE ha investito miliardi di euro in accordi con paesi terzi come la Turchia, la Tunisia, l’Egitto e la Libia per contenere i flussi migratori, ma questi accordi spesso si traducono in esternalizzazione delle responsabilità e violazioni dei diritti umani.

Il cosiddetto Patto sulla migrazione e l’asilo, approvato nel dicembre 2023, non modifica il principio di Dublino, che obbliga il primo paese di ingresso a gestire le richieste di asilo, perpetuando così il peso sulle frontiere esterne senza una reale redistribuzione dei migranti tra gli stati membri.

Questa politica di esternalizzazione e di controllo delle frontiere tramite Frontex e accordi bilaterali si traduce in un atteggiamento contraddittorio: da un lato si parla di accoglienza e solidarietà, dall’altro si finanziano e si legittimano pratiche di respingimento e abbandono.

L’ipocrisia europea tra numeri e realtà umana

I dati ufficiali mostrano un calo complessivo degli attraversamenti irregolari nell’UE, ma nascondono la realtà di un Mediterraneo centrale sempre più pericoloso e trafficato, con nuovi corridoi migratori che emergono continuamente.

L’attenzione mediatica e politica si concentra spesso su numeri e percentuali, mentre si ignorano le condizioni disumane in cui si trovano migliaia di persone costrette a viaggi rischiosi e a vivere in campi sovraffollati senza prospettive.

L’Unione Europea, invece di affrontare con coraggio e coerenza la crisi, preferisce mantenere un equilibrio ipocrita che tutela i propri confini a scapito della dignità umana e della giustizia sociale.

Verso un futuro di divisioni o di vera solidarietà?

Il negoziato in corso sulla riforma della politica europea di migrazione e asilo rappresenta un’occasione cruciale per superare le contraddizioni attuali. Tuttavia, senza un impegno reale alla redistribuzione equa e alla condivisione delle responsabilità, il rischio è che l’UE continui a dividersi e a lasciare soli gli stati di frontiera.

Solo una politica migratoria comune, basata su solidarietà concreta e rispetto dei diritti umani, potrà mettere fine all’ipocrisia e all’abbandono che oggi caratterizzano la gestione della crisi nel Mediterraneo.

Fino ad allora, l’Europa resterà un continente diviso tra chi accoglie e chi si chiude, tra chi soffre e chi si volta dall’altra parte.