Pensioni: il paradosso di chi lavora di più e viene penalizzato

Pubblicato: 18/09/2025, 10:47:06 ·
Un sistema previdenziale che scoraggia l’impegno e premia la passività?

La gestione delle pensioni in Italia è sempre più oggetto di polemiche. Le ultime riforme e leggi di bilancio hanno introdotto tagli e restrizioni che colpiscono soprattutto chi ha lavorato di più e più a lungo, generando un senso di ingiustizia tra i lavoratori. Questo articolo analizza come il sistema pensionistico finisca per penalizzare proprio chi contribuisce maggiormente.

Un sistema che punisce il lavoro

Negli ultimi anni, le riforme sulle pensioni hanno introdotto regole che penalizzano chi ha versato più contributi e ha lavorato più a lungo. La Legge di Bilancio 2024 ha tagliato la quota retributiva delle pensioni per migliaia di dipendenti pubblici, colpendo chi aveva meno di 15 anni di contribuzione entro il 1995, ma anche chi ha scelto il pensionamento anticipato subisce riduzioni significative dell’assegno mensile[1].

Questi tagli si traducono in una perdita economica che può arrivare a diverse migliaia di euro all’anno, a seconda dell’anzianità contributiva e dell’importo versato. Chi ha lavorato di più, quindi, si trova paradossalmente a ricevere meno rispetto a quanto avrebbe legittimamente aspettato[1].

La retroattività delle norme e l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni aggravano ulteriormente la situazione, rendendo il sistema previdenziale sempre meno equo e trasparente.

Le promesse disattese e le categorie dimenticate

Nonostante gli slogan politici sul superamento della Legge Fornero, la realtà è che l’età pensionabile continua ad aumentare e gli assegni si riducono[2]. Il governo ha prorogato misure come Quota 103, ma con ricalcoli contributivi che tagliano ulteriormente le pensioni anticipate.

Le categorie più penalizzate sono i giovani, le donne e chi svolge lavori gravosi o usuranti, che vedono azzerata ogni flessibilità in uscita e nessuna valorizzazione del lavoro di cura[2]. Anche la cosiddetta “opzione donna” è stata drasticamente ridotta, con un crollo delle domande accettate.

Inoltre, il trattenimento in servizio fino a 70 anni rischia di diventare una trappola per molti lavoratori, senza alcuna garanzia di miglioramento delle condizioni pensionistiche.

Nessuna lotta all’evasione, solo tagli per chi paga

Un altro aspetto controverso è la totale assenza di misure efficaci contro l’evasione fiscale e contributiva. Il sistema pensionistico preferisce colpire chi ogni mese versa regolarmente tasse e contributi, invece di recuperare risorse da chi evade[1][2].

Questa scelta politica alimenta la percezione di un sistema ingiusto, che premia i furbi e penalizza i cittadini onesti. I tagli alla perequazione delle pensioni, inoltre, non saranno più recuperabili, con perdite che si sommano nel tempo e riducono ulteriormente il potere d’acquisto dei pensionati[2].

La mancanza di investimenti e di turn-over occupazionale nel settore pubblico completa il quadro di un sistema che scoraggia l’impegno e la produttività.

Le conseguenze sociali e il rischio di disaffezione

La penalizzazione di chi lavora di più rischia di generare una profonda disaffezione verso il lavoro e il sistema previdenziale. Sempre più persone si chiedono se abbia senso impegnarsi e versare contributi per decenni, sapendo che il risultato finale sarà inferiore alle aspettative.

Questa situazione può portare a una riduzione della motivazione, all’aumento del lavoro sommerso e a una crisi di fiducia nelle istituzioni. Il rischio è che il sistema pensionistico, invece di garantire sicurezza e equità, diventi fonte di divisione e conflitto sociale.

Per evitare il collasso del patto generazionale, è necessario ripensare profondamente le regole e restituire dignità a chi lavora e contribuisce.