La tempesta perfetta: freddo e distruzione
L'arrivo dell'inverno a Gaza rappresenta una nuova fase critica della già devastante crisi umanitaria che affligge la Striscia. Mentre il mondo discute di accordi diplomatici e risoluzioni all'Onu, la popolazione palestinese si trova ad affrontare una situazione sempre più disperata, con temperature in calo e infrastrutture completamente distrutte. Le tende degli sfollati, già insufficienti durante i mesi più caldi, diventano ora trappole letali contro il freddo rigido che caratterizza i mesi invernali mediorientali. Secondo i dati più recenti, su 135mila tende allestite per ospitare gli sfollati, ben 125mila risultano ormai inidonee a proteggere dalle intemperie. Questo significa che la stragrande maggioranza della popolazione che vive in campi profughi si troverà esposta agli elementi senza protezione adeguata. La situazione è aggravata dal fatto che il 90% degli edifici nella Striscia non esiste più, lasciando milioni di persone senza abitazioni permanenti e costrette a vivere in condizioni di estrema vulnerabilità.
Aiuti umanitari insufficienti e sistema sanitario al collasso
Le necessità della popolazione rimangono enormi e pressanti. Oltre al freddo imminente, i palestinesi affrontano una carenza cronica di cibo, acqua potabile e medicine. Il sistema sanitario è completamente al collasso, con strutture mediche distrutte e risorse mediche praticamente inesistenti. Emergency, l'organizzazione umanitaria internazionale, ha documentato come le persone rimangono intrappolate in zone sempre più sovraffollate, senza sapere dove andare e costrette a restare in "zone rosse" anche a costo della propria vita. La situazione è ulteriormente complicata dalla questione dei dispersi. Secondo le Nazioni Unite, sono almeno 11mila i palestinesi scomparsi a Gaza, potenzialmente intrappolati sotto le macerie, detenuti nelle prigioni israeliane o semplicemente spariti. Questa tragedia silenziosa aggiunge un ulteriore strato di sofferenza psicologica alle famiglie già provate dalla guerra.
Il piano Trump e le divisioni internazionali
Nel frattempo, la comunità internazionale rimane divisa sulla strada da seguire. È prevista per lunedì 17 novembre una votazione cruciale al Consiglio di Sicurezza dell'Onu sulla risoluzione degli Stati Uniti riguardante il piano Trump per Gaza. Tuttavia, la Russia ha annunciato l'intenzione di presentare una risoluzione alternativa che menzioni esplicitamente la soluzione a due Stati come conclusione del conflitto, creando ulteriori tensioni diplomatiche. All'interno di Israele, l'ultra-destra esercita pressioni significative sul primo ministro Benjamin Netanyahu, con figure come il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich e il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir che chiedono dichiarazioni pubbliche secondo cui Israele non accetterà mai la creazione di uno stato palestinese. Queste posizioni rigide complicano ulteriormente i negoziati e alimentano il pessimismo sulla possibilità di raggiungere una pace duratura.
Tra speranza e realtà: cosa aspettarsi
Nonostante gli accordi sulla prima fase del piano Trump per Gaza e l'entrata in vigore del cessate il fuoco tra Israele e Hamas, la realtà sul terreno rimane brutale. La riapertura dei valichi di frontiera e l'ingresso degli aiuti umanitari rimangono questioni critiche, così come la questione della sicurezza con diversi Stati che hanno offerto di inviare forze di peacekeeping. La popolazione di Gaza ha bisogno urgente di un cessate il fuoco permanente e di aiuti umanitari incondizionati. L'arrivo dell'inverno non farà che amplificare queste necessità, trasformando una crisi già catastrofica in una situazione potenzialmente ancora più grave. Mentre i diplomatici negoziano a livello internazionale, milioni di persone nella Striscia affrontano ogni giorno la lotta per la sopravvivenza, con il freddo che si avvicina come una minaccia incombente che nessun accordo politico può fermare. ---
