La tregua regge, ma le ferite restano aperte
Il cessate il fuoco tra Israele e Hamas sembra reggere, almeno per ora. Dopo mesi di guerra devastante, la Striscia di Gaza sta vivendo una fase di relativa calma, con la riapertura permanente del valico di Zikim per l’ingresso di aiuti umanitari. Migliaia di palestinesi, circa 500mila secondo le stime, si sono mossi verso il nord della Striscia, dove un tempo sorgevano le loro case, e a Gaza City è stato filmato un mercato di strada, segno di una vita che tenta di riprendere il suo corso. Tuttavia, la situazione rimane fragile e la normalità è ancora lontana. Le Nazioni Unite segnalano che nella Striscia ci sono circa 50.000 donne incinte, in un sistema sanitario ormai al collasso, e la carenza di cibo, medicine e acqua potabile continua a essere drammatica.
Il ritorno degli ostaggi e il controllo di Hamas
Un portavoce del governo israeliano ha annunciato che il rilascio degli ostaggi inizierà nelle prime ore di lunedì, mentre Hamas ha richiamato 7mila membri delle sue forze di sicurezza per riaffermare il controllo sulle aree di Gaza recentemente abbandonate dall’IDF. Questa mossa è vista come un tentativo di Hamas di ristabilire la propria autorità dopo la ritirata delle truppe israeliane, ma solleva anche preoccupazioni sulla possibilità di nuovi scontri interni o con altre fazioni palestinesi. Hamas e la Jihad islamica hanno annunciato che consegneranno la salma di un ostaggio trovata a nord di Khan Yunis, mentre restano da restituire i corpi di altri quattro ostaggi uccisi. Questi passi, seppur positivi, non cancellano la memoria delle violenze e delle perdite subite da entrambe le parti.
La crisi umanitaria e le violazioni dei diritti umani
Nonostante la tregua, la crisi umanitaria a Gaza rimane grave. Secondo le Nazioni Unite, sono almeno 11mila i palestinesi scomparsi, molti dei quali potrebbero essere sotto le macerie o nelle prigioni israeliane. L’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha denunciato che le violazioni da parte di Israele del cessate il fuoco del novembre 2024 con il Libano hanno causato la morte di 114 civili. Inoltre, l’organizzazione umanitaria EMERGENCY ha chiesto con forza un cessate il fuoco permanente e l’ingresso degli aiuti umanitari, sottolineando che negli ultimi giorni i bombardamenti si sono intensificati e così le vittime civili. La situazione è aggravata dall’arrivo dell’inverno, che renderà ancora più difficile la vita per i palestinesi a Gaza, con temperature rigide e risorse scarse.
Le tensioni interne e le critiche al governo israeliano
La tregua non ha risolto le tensioni interne in Israele. La politica del governo Netanyahu è stata criticata da vari settori dello Stato ebraico, dalle Forze armate al Mossad, che rifiutano di compiere operazioni che ritengono insensate e che contribuiscono al crollo della credibilità internazionale di Israele. Queste tensioni, sempre meno latenti, non sono ancora esplose, ma l’esercito israeliano continua a eseguire gli ordini di Netanyahu. La sfiducia reciproca tra leadership civile e militare è considerata una causa della guerra, non un effetto. La Procura generale di Istanbul ha emesso 37 mandati di arresto per altrettanti dirigenti politici e militari israeliani con l’accusa, documentata, di genocidio nei confronti della popolazione di Gaza, tra cui spiccano i nomi di Bibi Netanyahu, Itamar Ben-Gvir, Eyal Zamir e Israel Katz.
La situazione in Cisgiordania e le aggressioni dei coloni
La tregua a Gaza non ha avuto effetti positivi in Cisgiordania, dove le aggressioni dei coloni israeliani sono in aumento. Nella notte, una moschea nel villaggio palestinese di Kifl Hares, vicino ad Ariel, è stata incendiata da coloni israeliani. L’IDF ha condannato gli attacchi dei coloni, ma la situazione rimane instabile. A nord di Nablus, la moschea di Hajja Hamida è stata incendiata, e le aggressioni dei settlers sono in costante crescita. Questi episodi alimentano la tensione e la paura tra la popolazione palestinese, che si sente sempre più vulnerabile e abbandonata.
