Un nuovo passo verso la pace
Il presidente americano Donald Trump ha annunciato durante una conferenza stampa alla Casa Bianca che la forza internazionale di stabilizzazione a Gaza sarà dispiegata “molto presto”. Questa dichiarazione, rilasciata in presenza di leader dell’Asia centrale, rappresenta una svolta concreta nel quadro del piano di pace che ha portato a un cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Secondo Trump, diversi paesi si sono già offerti volontari per partecipare a questa missione, che avrà il compito di garantire la sicurezza durante il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia. L’ambasciatore americano Mike Waltz ha convocato i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e partner regionali come Egitto, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Turchia, sottolineando il crescente sostegno internazionale al piano. La forza, composta principalmente da paesi arabi e musulmani, dovrà supervisionare la transizione e prevenire nuovi episodi di violenza.
La risoluzione Usa e il ruolo dell’Onu
La bozza di risoluzione presentata dagli Stati Uniti al Consiglio di sicurezza dell’Onu prevede il dispiegamento di una coalizione internazionale di circa 20mila unità, con mandato di utilizzare “tutte le misure necessarie” per garantire la sicurezza a Gaza. Secondo fonti diplomatiche, paesi come l’Indonesia hanno già manifestato la propria disponibilità, ma insistono sulla necessità di un mandato formale dell’Onu prima di inviare truppe sul terreno. Questo passaggio è cruciale per garantire legittimità e trasparenza all’operazione, evitando che la missione venga percepita come un’ingerenza esterna. Il piano di Trump prevede anche la liberazione degli ostaggi, la scarcerazione di quasi 2.000 prigionieri palestinesi e il parziale ritiro delle forze israeliane, ma molti dettagli restano ancora da definire. La risoluzione è attualmente oggetto di negoziati tra i membri del Consiglio di sicurezza, con l’obiettivo di raggiungere un accordo entro le prossime settimane.
La situazione sul campo
Nonostante la tregua, la situazione a Gaza rimane drammatica. Secondo le ultime relazioni di EMERGENCY, la popolazione continua a soffrire per la mancanza di cibo, acqua potabile e servizi essenziali. I valichi di frontiera restano chiusi, impedendo l’ingresso di aiuti umanitari e materiale necessario per affrontare l’inverno. In alcune zone, come Gaza City, la situazione è ancora più critica: molti edifici sono crollati e numerose persone sono rimaste intrappolate sotto le macerie. L’esercito israeliano ha dichiarato zona militare il confine con l’Egitto per contrastare il traffico d’armi, ma questa misura ha ulteriormente aggravato la crisi umanitaria. La presenza di una forza internazionale potrebbe aiutare a garantire la sicurezza delle operazioni di soccorso e facilitare l’accesso degli aiuti, ma la sfida principale resta la ricostruzione delle infrastrutture e il ripristino dei servizi di base.
Le reazioni internazionali
Il Papa ha incontrato il presidente palestinese Mahmoud Abbas, ribadendo l’appello per una soluzione a due Stati e sottolineando l’importanza di scrivere la parola fine alla guerra. Il Vaticano ha espresso preoccupazione per la situazione umanitaria e ha chiesto a tutte le parti coinvolte di rispettare gli impegni presi nel quadro del piano di pace. Anche altri leader internazionali hanno espresso sostegno alla risoluzione Usa, ma molti sottolineano la necessità di monitorare da vicino l’attuazione del piano e garantire che i diritti dei civili siano protetti. La comunità internazionale è chiamata a sostenere la transizione e a prevenire nuovi episodi di violenza, ma la strada verso la pace resta lunga e piena di ostacoli.
