Atlas di OpenAI: accuse di censura e violazione dei paywall

Pubblicato: 05/11/2025, 11:47:585 min
Scritto da
Redazione
Categoria: Tecnologia
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Atlas di OpenAI: accuse di censura e violazione dei paywall

La nascita di Atlas e le promesse dell’intelligenza artificiale

OpenAI ha recentemente lanciato Atlas, un browser intelligente costruito attorno a ChatGPT, progettato per offrire un’esperienza di navigazione avanzata, simile a quella di un assistente personale digitale. L’obiettivo dichiarato è quello di aiutare gli utenti a effettuare ricerche, confrontare prodotti e compiere acquisti online con la stessa efficienza e naturalezza di una persona in carne e ossa. La tecnologia, infatti, permette all’agente AI di muoversi autonomamente sul web, interpretando le richieste dell’utente e fornendo risposte contestualizzate. Tuttavia, fin dalle prime settimane di utilizzo, sono emerse critiche significative. Oltre a segnalazioni di lentezza e vulnerabilità nella gestione dei dati personali, il vero punto di attrito riguarda il modo in cui Atlas seleziona e presenta le informazioni. Secondo un’indagine approfondita del Tow Center for Digital Journalism della Columbia University, il browser non si limita a navigare in modo neutrale, ma applica un filtraggio selettivo, escludendo deliberatamente alcune fonti.

Filtraggio selettivo: evitare i siti che fanno causa

L’analisi del Tow Center ha evidenziato che Atlas tende a evitare di accedere direttamente ai contenuti di testate giornalistiche che hanno avviato azioni legali contro OpenAI per presunta violazione del copyright. Tra i casi più emblematici figurano PCMag e il New York Times, due realtà editoriali che hanno denunciato l’utilizzo non autorizzato dei propri articoli per addestrare modelli di intelligenza artificiale. Invece di mostrare i contenuti originali, il browser ricostruisce gli articoli attingendo a fonti secondarie, tweet, versioni ripubblicate o citazioni presenti su altri siti, spesso legati ad accordi di licenza con OpenAI. Questa pratica, definita da alcuni osservatori come una forma di reverse engineering dell’informazione, solleva interrogativi etici e legali. Atlas non ammette esplicitamente di escludere certe fonti, ma di fatto ne limita la visibilità, offrendo all’utente un riassunto indiretto che potrebbe non rispecchiare la completezza e l’autenticità del materiale originale. La scelta di bypassare determinati siti, soprattutto quelli in conflitto legale con OpenAI, appare dunque strategica più che tecnica, e rischia di minare la fiducia degli utenti nella neutralità e nell’affidabilità dello strumento.

Buca i paywall: accesso a contenuti a pagamento senza autorizzazione

Un’altra accusa rivolta ad Atlas riguarda la capacità di aggirare i paywall, ovvero i sistemi di abbonamento che proteggono i contenuti a pagamento di molti siti di informazione. Secondo quanto riportato da The Verge, il browser sarebbe in grado di estrarre e sintetizzare articoli protetti da paywall senza che l’utente abbia un abbonamento valido. Questa funzionalità, se confermata, rappresenterebbe una violazione delle politiche di accesso delle testate e potrebbe esporre OpenAI a ulteriori controversie legali. La questione è particolarmente delicata perché tocca il cuore del modello di business dell’editoria digitale: i paywall sono uno strumento fondamentale per garantire la sostenibilità economica delle testate, soprattutto quelle che investono in giornalismo di qualità. Se un agente AI può aggirare queste barriere, il rischio è quello di erodere ulteriormente le già fragili entrate delle testate, già alle prese con la concorrenza delle piattaforme social e delle intelligenze artificiali generative.

Reazioni del settore e implicazioni per il futuro

Le reazioni del mondo dell’informazione e della tecnologia non si sono fatte attendere. Secondo Wired, la strategia adottata da Atlas solleva dubbi sulla trasparenza e sull’indipendenza delle piattaforme di intelligenza artificiale, sempre più centrali nel processo di distribuzione e consumo delle notizie. Alcuni esperti temono che, se questo approccio dovesse diventare la norma, si assisterebbe a una progressiva marginalizzazione delle fonti critiche o scomode, con conseguenze negative per il pluralismo dell’informazione. D’altra parte, OpenAI non ha ancora rilasciato una dichiarazione ufficiale dettagliata sulle modalità di funzionamento di Atlas né sulle accuse di filtraggio selettivo. Tuttavia, la società ha sempre sottolineato l’importanza di collaborare con gli editori e di rispettare i diritti d’autore, come dimostrato dagli accordi di licenza già siglati con alcune testate internazionali. Resta da vedere se queste partnership saranno sufficienti a garantire un accesso equo e trasparente alle informazioni, o se invece si assisterà a una frammentazione del web in base agli interessi delle grandi piattaforme tecnologiche.

Conclusioni: tra innovazione e responsabilità

L’avvento di browser basati sull’intelligenza artificiale come Atlas rappresenta senza dubbio un salto in avanti nell’esperienza digitale degli utenti. Tuttavia, le recenti accuse mettono in luce sfide cruciali legate alla trasparenza, alla neutralità e al rispetto dei diritti degli editori. La capacità di filtrare, sintetizzare e persino aggirare le barriere di accesso ai contenuti pone interrogativi etici e giuridici che non possono essere ignorati. Il caso di Atlas dimostra che l’innovazione tecnologica deve andare di pari passo con la responsabilità sociale e il dialogo con tutti gli attori coinvolti, dagli utenti agli editori, passando per i legislatori. Solo così sarà possibile costruire un ecosistema digitale equo, affidabile e realmente al servizio della conoscenza.

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