Gaza, la nuova divisione della Striscia

Pubblicato: 02/11/2025, 07:32:305 min
Scritto da
Gaetano Logatto
Categoria: Esteri
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Gaza, la nuova divisione della Striscia

L’ipotesi americana che cambia le carte in tavola

Negli ultimi giorni, la situazione nella Striscia di Gaza ha subito una svolta inattesa, con l’emergere di una proposta che potrebbe ridefinire i confini e il controllo territoriale della regione. Secondo fonti giornalistiche e analisti internazionali, dopo la visita del vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance in Israele, circola una nuova idea: la divisione della Striscia di Gaza in due aree distinte, una sotto il controllo di Israele e l’altra sotto il controllo di Hamas. Questa ipotesi, se confermata, rappresenterebbe una rottura netta rispetto alle precedenti strategie di gestione del conflitto, che hanno sempre puntato a una soluzione unitaria o a una transizione di potere verso autorità palestinesi riconosciute internazionalmente. L’ipotesi è stata riportata da diversi media, tra cui Sky TG24 e il Manifesto, che hanno analizzato le possibili implicazioni politiche e umanitarie di una simile divisione. Secondo gli esperti, la proposta americana sembra voler rispondere a due esigenze: da un lato, garantire la sicurezza di Israele attraverso un controllo diretto su una parte strategica del territorio, dall’altro, evitare il collasso totale della Striscia, consentendo a Hamas di mantenere una presenza politica e militare in un’area limitata. Tuttavia, questa soluzione solleva numerose domande, soprattutto riguardo alla fattibilità di una convivenza pacifica tra due entità così profondamente ostili e alla reazione della popolazione palestinese, già provata da anni di conflitto e sofferenze.

Le reazioni e le critiche internazionali

La proposta di divisione ha suscitato reazioni contrastanti tra i Paesi arabi e le organizzazioni internazionali. Molti osservatori sottolineano che una simile soluzione rischia di consolidare lo *status quo* piuttosto che favorire una pace duratura. Il vertice dei ministri degli Esteri dei Paesi musulmani in Turchia, che si è tenuto lunedì, ha affrontato proprio la questione, esprimendo preoccupazione per le conseguenze di una divisione territoriale che potrebbe aggravare le tensioni e rendere ancora più difficile la ricostruzione della Striscia. Secondo fonti dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ottobre 2025 è stato il mese più violento in Cisgiordania dal 2013, con attacchi continui dei coloni israeliani contro gli agricoltori palestinesi durante la raccolta delle olive, un’attività simbolo dell’identità e del sostentamento di migliaia di famiglie. La divisione della Striscia, inoltre, potrebbe complicare ulteriormente la gestione degli aiuti umanitari, già gravemente compromessa dalle violazioni del cessate il fuoco e dalle operazioni militari israeliane. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, il governo di Tel Aviv vorrebbe aprire da dieci a venti siti per la distribuzione degli aiuti lungo la linea gialla, sotto il controllo diretto dell’esercito. Tuttavia, questa soluzione ha già dimostrato di essere problematica, con la gestione affidata a fondazioni private che hanno aggravato la situazione umanitaria e causato la morte di oltre duemila persone per mano di mercenari e militari incaricati della sicurezza.

Le violazioni del cessate il fuoco e il dramma umanitario

Nonostante le dichiarazioni di tregua, la situazione sul campo rimane drammatica. Secondo l’Ufficio Stampa del Governo di Gaza, dal cessate il fuoco del 10 ottobre, l’esercito israeliano ha commesso 125 violazioni, tra sparatorie, incursioni in quartieri residenziali, bombardamenti e demolizioni di edifici civili. Il Ministero della Sanità di Gaza ha registrato 211 palestinesi uccisi e 597 feriti, la maggior parte dei quali civili. Tra le vittime, intere famiglie bruciate vive nelle loro tende, come la famiglia Al-Shawaf, pianta cinque martiri all’Ospedale Nasser di Khan Younis. La testimonianza di una nonna, che ha raccontato come la famiglia fosse sola nella tenda e senza alcun legame con la Resistenza, evidenzia la drammaticità della situazione e la difficoltà di distinguere tra combattenti e civili in una guerra che ha colpito ogni aspetto della vita quotidiana. La protezione civile palestinese denuncia le enormi difficoltà nel raggiungere le aree vicine alla linea gialla, dove i bombardamenti e le operazioni di demolizione continuano senza sosta. I testimoni raccontano del volo continuo di droni, degli spari dei cannoni e delle detonazioni, che rendono la vita impossibile per migliaia di persone costrette a vivere in condizioni di estrema precarietà. La città di Khan Younis, a sud, rimane forse la più bersagliata, ma anche a Jabaliya, nel nord, si sono udite esplosioni e si sono registrati numerosi feriti.

Le accuse e le controaccuse sul saccheggio degli aiuti

Parallelamente, si intensificano le accuse tra Hamas e gli Stati Uniti riguardo al saccheggio degli aiuti umanitari. Il Comando Centrale degli Stati Uniti (Centcom) ha pubblicato un video di un drone che mostra sospetti agenti di Hamas che saccheggiano un camion di aiuti nel sud della Striscia di Gaza. Il segretario di Stato americano Marco Rubio ha commentato sui social, ricondividendo il video e accusando Hamas di essere “l’ostacolo” agli sforzi internazionali per fornire assistenza critica ai civili innocenti. Hamas, tuttavia, nega le accuse, dichiarando ad Al Jazeera di “condannare fermamente le accuse statunitensi” e definendole “infondate, prive di prove e parte di una sistematica campagna di disinformazione”. La milizia palestinese sostiene che le forze di occupazione israeliane stanno prendendo di mir

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