Nuovi sviluppi nella crisi di Gaza
Nelle ultime ore, il conflitto tra Israele e Palestina ha registrato un nuovo, drammatico sviluppo: la restituzione dei corpi di due ostaggi da parte di Hamas. Secondo quanto riportato dal *Times of Israel*, le autorità israeliane hanno confermato l’identità dei due ultimi ostaggi deceduti, Amiram Cooper e Sahar Baruch, i cui resti sono stati restituiti oggi dal movimento palestinese. Cooper, 85 anni, era stato rapito dal kibbutz Nir Oz il 7 ottobre 2023 e ucciso durante la prigionia, come confermato dall’Idf nel giugno 2024. Baruch, 25 anni, era stato rapito dal kibbutz Be’eri e ucciso durante una fallita missione di salvataggio dell’Idf nel dicembre 2023. Il governo israeliano ha espresso il proprio dolore alle famiglie e ribadito la determinazione a riportare a casa i resti degli ultimi 11 ostaggi ancora trattenuti a Gaza. Questo episodio si inserisce in un contesto di crescente tensione, nonostante il recente ripristino del cessate il fuoco. La restituzione dei corpi, se da un lato rappresenta un passo avanti nelle trattative, dall’altro non ha placato le violenze. Anzi, proprio nelle stesse ore, aerei da guerra israeliani hanno lanciato nuovi attacchi sulle città di Abasan al-Kabira e Bani Suheila, a est di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. Secondo fonti locali, questi raid hanno provocato almeno 104 morti, tra cui 46 bambini. Si tratta di una delle violazioni più gravi del cessate il fuoco, che rischia di compromettere ulteriormente la fragile tregua.
La complessa dinamica dei negoziati
I negoziati tra Israele e Hamas, mediati dagli Stati Uniti e da altri attori internazionali, si muovono su un terreno sempre più instabile. La restituzione dei corpi degli ostaggi è stata condizionata da Hamas alle “violazioni” israeliane del cessate il fuoco, come sottolineato da fonti locali citate da *Al Jazeera*. Hamas ha infatti affermato di aver “recuperato” i corpi di due ostaggi, ma non li ha consegnati immediatamente, citando proprio le recenti azioni militari israeliane. Attualmente, sono 13 i corpi degli ostaggi ancora trattenuti a Gaza, e la loro restituzione rappresenta una delle principali richieste di Israele. Parallelamente, gli Stati Uniti hanno proposto a Hamas una possibile uscita dalle aree controllate da Israele, come riportato da *Sky TG24*. Questa proposta potrebbe rappresentare un tentativo di sbloccare la situazione, ma al momento non è chiaro se troverà un’effettiva applicazione. La situazione resta quindi in bilico, con entrambe le parti che accusano l’altra di non rispettare gli accordi e di alimentare la violenza.
Le conseguenze umanitarie e politiche
La violenza a Gaza ha conseguenze devastanti sulla popolazione civile. I raid israeliani hanno colpito non solo aree abitate, ma anche campi profughi come quello di Al Maghazi, come riportato da *Vatican News*. Le accuse reciproche tra Israele e Hamas si susseguono, con entrambe le parti che si accusano di violare il cessate il fuoco. La situazione umanitaria è drammatica: migliaia di persone sono sfollate, mancano cibo, acqua e medicine, e le infrastrutture sono state pesantemente danneggiate. Sul piano politico, la crisi ha sollevato forti polemiche internazionali. L’Italia è stata accusata da Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite, di essere “complice di genocidio” a Gaza insieme ad altri 62 Paesi. Questa accusa riflette la crescente pressione internazionale su Israele e sui suoi alleati, che sono chiamati a garantire il rispetto dei diritti umani e delle norme internazionali.
Il ruolo degli attori internazionali
Gli Stati Uniti, in particolare, giocano un ruolo centrale nei negoziati. Il vicepresidente JD Vance ha definito gli ultimi scontri come “piccole schermaglie”, esprimendo fiducia nella possibilità che la tregua regga. Tuttavia, le dichiarazioni di Vance contrastano con la realtà dei fatti, che vede la violenza ancora presente e le trattative in stallo. Secondo il *Canale 12 israeliano*, sono già in corso colloqui tra Tel Aviv e Washington per definire l’ampiezza dei nuovi domini assoggettati con la forza. I piani israeliani e americani prevedono che la ricostruzione di Gaza parta solo all’interno delle aree che l’esercito attualmente controlla, affidate in parte alle milizie mercenarie che finanzia e arma. Potrebbe essere questo l’obiettivo finale dell’ultima, grave violazione israeliana del cessate il fuoco.
