Un conflitto che non si conclude
Dopo undici anni di guerra in Ucraina, la Russia si trova al centro di un dibattito internazionale che vede posizioni diametralmente opposte. Da un lato, The Economist dipinge un quadro di crescente difficoltà strategica, militare ed economica per Mosca; dall’altro, Foreign Affairs propone una lettura più ottimista, sottolineando la resilienza del sistema russo e la capacità di adattamento del Paese. Due visioni che, pur partendo dagli stessi dati di fatto, giungono a conclusioni radicalmente diverse. Il conflitto, iniziato nel 2014 con l’annessione della Crimea e l’inizio delle ostilità nel Donbass, si è trasformato in una guerra su vasta scala a partire dal febbraio 2022. Da allora, la Russia ha lanciato diverse offensive, l’ultima delle quali, nel maggio 2025, è stata particolarmente sanguinosa ma scarsamente efficace dal punto di vista territoriale. Secondo The Economist, nonostante l’impiego massiccio di uomini e mezzi, Mosca è riuscita a conquistare appena lo 0,4% del territorio ucraino, con perdite umane stimate in oltre 100.000 soldati solo nell’ultimo anno. Città strategiche come Pokrovsk hanno resistito agli assalti, dimostrando la tenacia delle forze ucraine e la difficoltà russa nel raggiungere obiettivi decisivi.
L’analisi pessimista: una Russia in difficoltà
The Economist sostiene che la Russia stia affrontando una crisi militare senza precedenti. Nonostante la superiorità numerica e la disponibilità di risorse, le forze armate russe non sono riuscite a ottenere una vittoria netta sul campo. L’offensiva del 2025, la più grande dall’inizio del conflitto, si è rivelata un fallimento strategico: i guadagni territoriali sono stati minimi, mentre le perdite in termini di vite umane e materiali sono state enormi. La scarsità di progressi sul terreno, unita all’alto costo pagato in vite umane, suggerisce che Mosca non sia in grado di vincere la guerra con mezzi convenzionali. L’articolo sottolinea anche la mancanza di alternative credibili per il Cremlino. Vladimir Putin, secondo The Economist, sembra aver esaurito le opzioni militari e diplomatiche, continuando a perseguire una strategia che non porta a risultati concreti. Questo immobilismo, unito alle sanzioni internazionali e all’isolamento diplomatico, sta mettendo a dura prova l’economia russa e la stabilità interna. La Russia appare sempre più come una potenza in difficoltà, incapace di chiudere il conflitto a proprio favore e costretta a gestire una situazione di stallo prolungato.
L’analisi ottimista: resilienza e adattamento
Al contrario, Foreign Affairs offre una lettura diversa, sottolineando la capacità della Russia di resistere alle pressioni esterne e di adattarsi alle nuove condizioni imposte dalla guerra. Secondo questa analisi, Mosca ha dimostrato una notevole resilienza economica, riuscendo a mitigare l’impatto delle sanzioni attraverso una riconversione parziale dell’economia e una maggiore integrazione con Paesi non allineati. La Russia, pur con difficoltà, è riuscita a mantenere una certa stabilità interna e a continuare a finanziare lo sforzo bellico. Foreign Affairs evidenzia anche la capacità del Cremlino di gestire il consenso interno, attraverso una combinazione di propaganda, controllo dei media e repressione del dissenso. Nonostante le perdite umane e le difficoltà economiche, il sostegno popolare al governo rimane significativo, soprattutto nelle aree rurali e tra le fasce più anziane della popolazione. La leadership di Putin, secondo questa analisi, non è in pericolo immediato, e il sistema politico russo mostra una capacità di adattamento che molti osservatori occidentali tendono a sottovalutare.
Le conseguenze per la Russia e per il mondo
Le due analisi, pur divergenti, concordano su un punto: la guerra in Ucraina ha cambiato profondamente la Russia, ma il modo in cui questo cambiamento si sta manifestando è oggetto di interpretazioni contrastanti. The Economist vede una Russia sempre più isolata, con un’economia sotto pressione e un esercito logorato da un conflitto senza via d’uscita. Foreign Affairs, invece, sottolinea la capacità del Paese di resistere e di adattarsi, mantenendo una posizione di rilievo nello scacchiere internazionale. Quello che emerge è un quadro complesso, in cui la realtà russa sfugge a letture semplicistiche. La guerra ha certamente indebolito Mosca, ma non l’ha resa incapace di reagire. Le sanzioni, pur gravose, non hanno portato al collasso economico previsto da molti analisti occidentali. Allo stesso tempo, la capacità offensiva russa sul campo di battaglia appare sempre più limitata, con scarsi progressi nonostante gli sforzi titanici.
Conclusioni: una guerra senza vincitori?
Dopo undici anni di conflitto, la Russia si trova in una posizione ambivalente. Da un lato, il Paese paga un prezzo altissimo in termini umani, economici e diplomatici; dall’altro, dimostra una capacità di resistenza che sorprende molti osservatori. La guerra in Ucraina non ha prodotto un vincitore netto, ma ha certamente cambiato gli equilibri regionali e globali. La domanda su come stia davvero la Russia non trova una risposta univoca. The Economist e Foreign Affairs offrono due prospettive opposte, entrambe fondate su dati concreti ma interpretati in modo diverso. Quel che è certo è che il conflitto continua a rappresentare una sfida enorme per Mosca, con conseguenze che si faranno sentire per molti anni a venire, sia all’interno dei confini russi sia a li
