Droni Usa sorvegliano la tregua a Gaza: Israele arma milizie anti-Hamas

Pubblicato: 26/10/2025, 07:01:234 min
Scritto da
Gaetano Logatto
Categoria: Cronaca
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Droni Usa sorvegliano la tregua a Gaza: Israele arma milizie anti-Hamas

La nuova strategia di sicurezza nella Striscia di Gaza

Nelle ultime ore, la situazione nel Israele e Palestina ha visto un’evoluzione significativa, con una novità che potrebbe segnare una svolta nella gestione della sicurezza nella Striscia di Gaza. Secondo quanto riportato da fonti autorevoli, gli Stati Uniti hanno dispiegato droni di sorveglianza sopra la Striscia per monitorare il rispetto del cessate il fuoco tra Hamas. Questa mossa, descritta come “sorprendente” da alcuni analisti, suggerisce una crescente sfiducia tra gli alleati e una necessità di maggiore trasparenza nelle operazioni sul campo. Parallelamente, Israele starebbe sostenendo almeno quattro milizie palestinesi locali con l’obiettivo di indebolire e, in prospettiva, rimuovere Hamas dal potere. Queste fazioni operano per ora oltre la cosiddetta “linea gialla”, ovvero in aree non ancora sotto il pieno controllo israeliano, ma la loro presenza segna un tentativo di frammentare ulteriormente il panorama politico-militare di Gaza.conflitto tra Israele e

Il contesto della tregua e le tensioni persistenti

La decisione di impiegare droni statunitensi arriva in un momento di fragilità per la tregua, dopo gli scontri di Rafah della scorsa settimana che avevano rischiato di far ripiombare la regione nel caos. Il comitato CMCC, istituito nel sud di Israele e ora affiancato da diplomatici internazionali, tra cui un generale italiano, lavora per stabilizzare la situazione. Tuttavia, la sfiducia tra le parti rimane elevata: Hamas accusa Israele di aver violato più volte il cessate il fuoco, mentre Tel Aviv lamenta la mancata consegna delle salme di 24 ostaggi ancora a Gaza, motivo per cui il valico di Rafah è stato chiuso per due giorni, bloccando anche gli aiuti umanitari. Queste tensioni dimostrano quanto sia delicato l’equilibrio raggiunto e quanto sia facile che la situazione degeneri nuovamente.

Le dinamiche politiche e diplomatiche

Sul piano diplomatico, la visita del vicepresidente americano Vance in Israele ha ribadito la posizione degli Stati Uniti: “disarmare Hamas, ricostruire Gaza, migliorare la vita della popolazione e garantire che Hamas non rappresenti più una minaccia”. Queste parole, pronunciate dopo l’incontro con il premier Netanyahu, sottolineano l’impegno americano a sostenere Israele, ma anche la volontà di trovare una soluzione di lungo periodo. Intanto, il Segretario di Stato Marco Rubio ha iniziato a parlare con cautela della “Fase 2” del piano di pace proposto dall’amministrazione Trump, che prevede non solo la fine delle ostilità, ma anche una ridefinizione della governance di Gaza. Restano però molte incognite su chi guiderà la Striscia nel post-conflitto e su come verranno garantiti sicurezza e stabilità.

Le conseguenze umanitarie e il bilancio di due anni di guerra

A due anni dall’inizio del conflitto, il bilancio umanitario è drammatico. Secondo le stime più recenti, almeno 66.000 persone sono morte a Gaza a causa dell’offensiva israeliana, mentre in Israele l’attacco del 7 ottobre 2023 ha causato la morte di oltre 1.200 civili. Più di un milione di palestinesi sono stati costretti a lasciare le proprie case, soprattutto dopo l’ordine di evacuazione del nord di Gaza emanato dall’esercito israeliano nell’ottobre 2023. Le organizzazioni internazionali continuano a denunciare la carenza di aiuti e le condizioni disumane in cui versa la popolazione civile, aggravate dai ripetuti blocchi dei valichi. La restituzione dei corpi degli ostaggi e la liberazione dei prigionieri rimangono punti cruciali per qualsiasi progresso nei negoziati, ma la diffidenza reciproca rende ogni passo avanti estremamente complesso.

Prospettive e scenari futuri

La situazione attuale lascia intravedere due possibili scenari. Da un lato, la presenza di droni americani e il sostegno a milizie locali potrebbero portare a una stabilizzazione temporanea, aprendo la strada a una “Fase 2” del piano di pace che preveda la ricostruzione e una nuova governance per Gaza. Dall’altro, il rischio di una recrudescenza delle violenze resta alto, soprattutto se le trattative per la restituzione degli ostaggi e dei corpi dovrebbero fallire o se le milizie sostenute da Israele entrassero in conflitto tra loro o con Hamas. La comunità internazionale, attraverso il lavoro di diplomatici e osservatori, cerca di mediare tra le parti, ma la soluzione definitiva appare ancora lontana. La posta in gioco non è solo la fine della guerra, ma la possibilità di costruire un futuro diverso per milioni di persone intrappolate in un conflitto senza fine.

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