Guerra Ucraina, Basile: "Fine solo se l'Occidente ammette la sconfitta. Trump-Putin...

Pubblicato: 23/10/2025, 10:20:50
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Guerra Ucraina, Basile: "Fine solo se l'Occidente ammette la sconfitta. Trump-Putin...

Uno sguardo critico sull’evoluzione del conflitto

La Elena Basile, ambasciatrice e analista di lungo corso, offre una lettura fuori dal coro, sostenendo che la fine del conflitto dipenda dalla capacità dell’Occidente di riconoscere la propria sconfitta strategica. In un’intervista esclusiva rilasciata a Tag24, Basile sottolinea come la leadership occidentale abbia progressivamente perso la propria egemonia economica e culturale, affidandosi sempre più alla forza militare come strumento di pressione internazionale. Questo approccio, secondo l’ambasciatrice, ha alimentato sfiducia e instabilità, rendendo più difficile qualsiasi soluzione negoziata. La tesi di Basile si distacca nettamente dalle narrazioni dominanti, che dipingono la Russia come un aggressore espansionista. Al contrario, la studiosa sostiene che Mosca non cerchi una conquista territoriale su vasta scala, ma piuttosto garanzie di sicurezza fondamentali, in particolare la neutralità dell’Ucraina e l’esclusione di Kiev dalla NATO. La guerra, quindi, non sarebbe il risultato di un disegno imperialista, ma di una reazione difensiva a quello che viene percepito come un accerchiamento strategico.guerra in Ucraina, scoppiata nel febbraio 2022, continua a rappresentare una delle crisi più gravi del nostro tempo, con ripercussioni globali su economia, sicurezza e diplomazia.

Le occasioni mancate per la pace

Basile ricorda che già nel marzo 2022 esistevano condizioni favorevoli per una pace negoziata. In quel momento, l’Ucraina avrebbe potuto accettare la neutralità, mentre la Russia non avanzava richieste territoriali tali da giustificare una guerra totale. Secondo l’ambasciatrice, la scelta occidentale di sostenere militarmente Kiev, invece di spingere per un accordo diplomatico, ha prolungato il conflitto, aumentando sofferenze e rischi di escalation. La mancanza di una visione strategica chiara da parte dell’Occidente avrebbe quindi contribuito a trasformare una crisi regionale in un confronto globale. Questa analisi trova eco in alcuni studi di geopolitica, come quelli pubblicati dal Carnegie Endowment for International Peace, che hanno più volte sottolineato l’importanza di comprendere le motivazioni profonde delle parti in conflitto, al di là delle semplificazioni mediatiche. Anche il International Crisis Group ha evidenziato come, in assenza di un dialogo costruttivo, le possibilità di una soluzione pacifica si siano progressivamente ridotte.

Trump, Putin e i delicati equilibri della diplomazia

Un altro aspetto centrale dell’analisi di Basile riguarda il ruolo di Donald Trump e i suoi rapporti con Vladimir Putin. L’ambasciatrice osserva che, durante la sua presidenza, Trump ha cercato di instaurare un dialogo diretto con il leader russo, tentando di superare le rigidità della politica estera americana tradizionale. Questo approccio, spesso criticato in patria, avrebbe potuto aprire spazi di mediazione oggi preclusi da un clima di contrapposizione frontale. Basile non nasconde le criticità di questa relazione, ma riconosce che la capacità di dialogare con Mosca senza pregiudizi ideologici rappresenta una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per trovare una via d’uscita alla crisi. La studiosa invita a riflettere sul fatto che, in un mondo multipolare, la diplomazia richiede pragmatismo e realismo, qualità che sembrano sempre più rare nel dibattito pubblico occidentale.

Le conseguenze di una guerra senza fine

Il protrarsi del conflitto sta avendo conseguenze drammatiche non solo per l’Ucraina, ma per l’intera comunità internazionale. L’aumento dei prezzi dell’energia, le tensioni alimentari, la militarizzazione dei rapporti tra Stati e il rischio di un conflitto più ampio sono solo alcuni degli effetti collaterali di una guerra che sembra non avere vincitori. Basile mette in guardia contro la tentazione di vedere la situazione attraverso la lente della propaganda, invitando invece a una valutazione obiettiva dei fatti e degli interessi in gioco. Secondo l’ambasciatrice, solo ammettendo la sconfitta strategica e aprendosi a un negoziato senza precondizioni, l’Occidente potrebbe contribuire a porre fine alle sofferenze della popolazione ucraina e a ristabilire un equilibrio internazionale più stabile. Questa posizione, seppur controversa, solleva interrogativi cruciali sulla sostenibilità dell’attuale approccio occidentale e sulla necessità di ripensare le strategie di sicurezza collettiva.

Verso una nuova architettura della sicurezza europea

La crisi ucraina ha messo in luce le fragilità dell’attuale sistema di sicurezza europeo, basato su alleanze militari rigide e su una visione manichea delle relazioni internazionali. Basile auspica una riflessione profonda sulle cause strutturali del conflitto e sulla necessità di costruire un nuovo ordine fondato sul dialogo, sul rispetto reciproco e sulla ricerca di interessi comuni. In questo senso, l’ambasciatrice si avvicina alle posizioni di think tank come l’European Council on Foreign Relations, che da tempo invita a ripensare la politica estera europea in un’ottica meno dipendente dagli Stati Uniti e più attenta alle specificità del continente. Allo stesso tempo, analisti come quelli del Wilson Center hanno sottolineato l’importanza di non sottovalutare le aspirazioni di sicurezza della Russia, pur condannando l’invasione dell’Ucraina. La strada verso la pace, conclude Basile, passa attraverso il riconoscimento delle responsabilità di tutte le parti in causa e la volontà di costruire un futuro diverso, in cui la sicurezza non sia più un gioco a somma zero, ma il risultato di un impegno collettivo.

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