Israele, nuovi raid a Gaza: decine di palestinesi uccisi e la tregua vacilla

Pubblicato: 20/10/2025, 11:08:52 ·
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Israele, nuovi raid a Gaza: decine di palestinesi uccisi e la tregua vacilla

Un fragile cessate il fuoco sotto pressione

Nelle ultime ore, la situazione nella Striscia di Gaza è precipitata nuovamente, mettendo a dura prova la già fragile tregua tra Israele e Hamas. Una serie di raid aerei israeliani ha causato la morte di almeno 45 palestinesi, secondo quanto riferito dall’agenzia di protezione civile di Gaza e confermato da diversi ospedali locali. Il bilancio, che potrebbe salire ulteriormente, si aggiunge a una lunga scia di sangue che ha segnato la regione negli ultimi due anni, rendendo sempre più difficile il mantenimento di una pace anche solo temporanea. Il portavoce dell’agenzia di protezione civile, Mahmud Bassal, ha dichiarato che le vittime sono state registrate in diverse zone della Striscia, mentre numerosi corpi restano ancora sotto le macerie, inaccessibili ai soccorritori. Questi eventi si inseriscono in un contesto in cui, dall’inizio della campagna militare israeliana, il numero totale delle vittime palestinesi ha superato le 68.000 unità, con una percentuale significativa di minori tra i deceduti, come evidenziato dai dati del ministero della Sanità di Gaza. Le autorità israeliane hanno giustificato i raid come risposta a un attacco contro le proprie truppe a Rafah, sottolineando la determinazione a “proteggere i propri soldati e impedire qualsiasi danno nei loro confronti”. Tuttavia, la reazione militare rischia di compromettere ulteriormente il già precario equilibrio raggiunto con la tregua, alimentando tensioni e sfiducia tra le parti.

Il bilancio delle vittime e la crisi umanitaria

Il conflitto tra Israele e Hamas ha prodotto una delle crisi umanitarie più gravi degli ultimi decenni. Secondo le stime più recenti, l’offensiva israeliana ha causato la morte di oltre 67.000 palestinesi dal 7 ottobre 2023, di cui quasi un terzo erano minori di 18 anni. I dati raccolti dal progetto Tech for Palestine e da osservatori indipendenti indicano che il numero reale delle vittime potrebbe essere ancora più alto, considerando le persone disperse o rimaste sotto le macerie. La situazione è ulteriormente aggravata dalla difficoltà di accesso agli aiuti umanitari. Più di 2.600 persone sono state uccise mentre cercavano di ottenere cibo fornito dagli aiuti, segno di una crisi alimentare che si somma alla devastazione causata dai bombardamenti. Oltre 56.000 bambini hanno perso uno o entrambi i genitori, secondo l’UNICEF, mentre la popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto di questa guerra senza fine. Le strutture sanitarie, ormai al collasso, faticano a far fronte all’afflusso di feriti e alle condizioni igienico-sanitarie sempre più precarie. Il ministero della Sanità di Gaza ha segnalato che molti corpi restano ancora nelle strade, impossibili da recuperare a causa dei continui bombardamenti e dell’insicurezza diffusa. In questo scenario, la speranza di una tregua duratura appare sempre più lontana.

Le ragioni della nuova escalation

La nuova ondata di violenza è stata innescata da un attacco contro le truppe israeliane a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. In risposta, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha ordinato alle Forze di difesa israeliane di colpire con forza gli obiettivi considerati terroristici, affermando che “Hamas pagherà un prezzo pesante per ogni sparatoria o violazione del cessate il fuoco”. Secondo fonti militari, oltre 20 obiettivi sono stati colpiti dall’alba, con l’intento dichiarato di scoraggiare ulteriori attacchi e rafforzare la posizione israeliana al tavolo delle trattative. Questa strategia, tuttavia, rischia di alimentare un circolo vizioso di violenza e rappresaglie, rendendo sempre più difficile la ripresa di un dialogo costruttivo. L’uso della forza come risposta immediata agli attacchi di Hamas viene giustificato dalle autorità israeliane come necessità di difesa, ma le conseguenze sui civili palestinesi sono devastanti, come dimostrano i numeri delle vittime e la distruzione diffusa. La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione l’evolversi degli eventi, temendo che la tregua possa definitivamente crollare e che il conflitto possa estendersi oltre i confini della Striscia. Le organizzazioni umanitarie continuano a lanciare appelli per un immediato cessate il fuoco e per l’apertura di corridoi umanitari, ma la situazione sul terreno resta estremamente instabile, come riportato da fonti locali.

Le reazioni internazionali e il rischio di un nuovo conflitto

L’inasprimento delle ostilità ha suscitato reazioni contrastanti a livello internazionale. Da un lato, alcuni governi occidentali continuano a sostenere il diritto di Israele a difendersi dagli attacchi di Hamas; dall’altro, cresce la pressione affinché vengano rispettati i principi del diritto internazionale umanitario e si evitino ulteriori vittime civili. Le Nazioni Unite e l’Unione Europea hanno espresso profonda preoccupazione per l’aumento delle vittime e per il rischio concreto che la tregua possa saltare definitivamente. Diversi analisti sottolineano che la mancanza di un processo politico credibile e la persistente sfiducia tra le parti rendono estremamente fragile qualsiasi tentativo di mediazione. In questo contesto, ogni nuovo episodio di violenza rischia di innescare una spirale incontrollabile, con conseguenze imprevedibili per l’intera regione. Le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato l’uso sproporzionato della forza da parte dell’esercito israeliano, mentre Hamas continua a rivendicare gli attacchi come risposta alle condizioni di vita insostenibili nella Striscia. La popolazione civile, intrappolata tra le due parti, resta la principale vittima di questo conflitto, come evidenziato anche dal rapporto sulle vittime.

Prospettive future e possibili scenari

Il futuro della tregua appare quanto mai incerto. Gli ultimi sviluppi dimostrano che la situazione può degenerare in qualsiasi momento, vanificando gli sforzi diplomatici compiuti finora. La mancanza di fiducia reciproca, la pressione delle rispettive opinioni pubbliche e l’assenza di un quadro negoziale condiviso rendono estremamente difficile immaginare una soluzione a breve termine. Nel frattempo, la popolazione di Gaza continua a vivere in condizioni drammatiche, con accesso limitato a beni di prima necessità, assistenza sanitaria e servizi essenziali. Le testimonianze raccolte da osservatori internazionali descrivono una realtà fatta di paura, distruzione e incertezza, dove ogni giorno può essere l’ultimo. In assenza di un intervento deciso della comunità internazionale e di una volontà politica reale da entrambe le parti, il rischio è che la tregua si trasformi in una mera pausa tra una fase e l’altra di un conflitto destinato a protrarsi nel tempo. La storia recente della regione insegna che senza un dialogo autentico e inclusivo, ogni cessate il fuoco rischia di essere solo temporaneo, lasciando irrisolte le cause profonde di una delle crisi più complesse e dolorose del nostro tempo.

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