L’alba di una rivoluzione tecnologica
Nel 1965, mentre il mondo si preparava a vivere la rivoluzione informatica, una piccola macchina realizzata in Italia catturava l’attenzione internazionale. La Olivetti Programma 101, presentata alla fiera mondiale di New York, rappresentava una svolta radicale rispetto ai colossali mainframe dell’epoca: era il primo computer da tavolo programmabile, pensato per un uso individuale, semplice e accessibile. La sua creazione segnò l’inizio di una nuova era, anticipando di un decennio la nascita dei PC commerciali statunitensi, come quelli di Apple e Microsoft. L’idea di un computer personale, capace di elaborare dati senza dipendere da centri di calcolo centralizzati, nacque nei laboratori Olivetti nei primi anni Sessanta, quando ancora l’informatica era appannaggio di pochi esperti e le macchine occupavano intere stanze. Il progetto fu guidato dall’ingegnere Pier Giorgio Perotto, affiancato da un team che comprendeva Giovanni De Sandre, Gastone Garziera, Giancarlo Toppi e Giuliano Gaiti. La “Perottina”, come fu soprannominata in omaggio al suo inventore, era il frutto di una visione coraggiosa: realizzare uno strumento che potesse essere utilizzato da chiunque, senza la necessità di un interprete in camice bianco.
Innovazione tecnica e design d’avanguardia
La Olivetti Programma 101 si distingueva non solo per la sua portabilità, ma anche per una serie di soluzioni tecniche innovative. A differenza dei mainframe, che utilizzavano nastri magnetici ingombranti, la 101 adottava schede magnetiche programmabili: piccole strisce di plastica, larghe circa 8 centimetri, su cui venivano registrati programmi e dati. Ogni scheda poteva contenere fino a 240 istruzioni, una capacità ridicola rispetto agli standard attuali, ma sufficiente per le esigenze dell’epoca. Questa scelta, insieme alla memoria a linea magnetostrittiva, permise di ridurre drasticamente dimensioni e costi, aprendo la strada alla diffusione di massa dei computer. Un altro elemento distintivo era l’assenza di un monitor: i risultati venivano stampati su un rotolo di carta, integrando la funzione di visualizzazione e archiviazione. Il design, curato da Mario Bellini, era moderno e funzionale, con linee pulite e materiali di qualità che riflettevano la tradizione estetica di Olivetti. Tutto questo contribuì a rendere la 101 non solo una macchina efficiente, ma anche un oggetto di culto, simbolo di un’Italia capace di competere a livello globale nell’alta tecnologia.
Il successo internazionale e l’impatto culturale
L’esordio della Programma 101 alla BEMA di New York nel 1965 fu un trionfo. I visitatori fecero la fila per ammirare quello che veniva già definito il primo personal computer della storia. I giornali americani, tra cui il New York Times e il Wall Street Journal, ne parlarono come di una rivoluzione. In pochi anni, oltre 40.000 esemplari furono venduti in tutto il mondo, trovando impiego in università, banche, ospedali e piccole imprese. Anche la NASA acquistò alcune decine di macchine, utilizzandole nei calcoli per le missioni spaziali degli anni Sessanta, compreso il programma Apollo. Nonostante il successo, la storia della 101 fu anche segnata da occasioni mancate. Come raccontato durante una lezione al CECAM di Losanna, la mancata affermazione globale di Olivetti nel settore dei personal computer è stata attribuita a una combinazione di fattori: la natura del mercato, le scelte industriali e, secondo alcuni, anche vicende poco chiare. Resta il fatto che la 101 dimostrò come l’innovazione potesse nascere anche al di fuori dei tradizionali centri di potere tecnologico, ispirando generazioni di ingegneri e imprenditori.
Eredità e significato storico
A sessant’anni dalla sua nascita, la Olivetti Programma 101 conserva un posto di rilievo nella storia della tecnologia. Fu il primo tentativo riuscito di democratizzare l’accesso all’informatica, anticipando concetti che sarebbero diventati fondamentali nei decenni successivi: l’interazione diretta tra uomo e macchina, la portabilità, la semplicità d’uso. La 101 non era solo uno strumento di calcolo, ma un simbolo di autonomia e creatività, capace di ridisegnare i confini tra lavoro manuale e intellettuale. La sua eredità si riflette anche nell’approccio olivettiano, che univa innovazione tecnica, attenzione al design e sensibilità sociale. Mentre oggi i dispositivi digitali sono parte integrante della vita quotidiana, la 101 ci ricorda che il futuro si costruisce a partire da visioni audaci e dalla capacità di guardare oltre i limiti del presente. La sua storia, raccontata in libri e musei, continua a ispirare chi crede nel valore della ricerca, della bellezza e dell’utilità concreta.
Uno sguardo al futuro, partendo dal passato
Ripercorrere la storia della Olivetti Programma 101 significa anche riflettere sulle sfide dell’innovazione. La 101 nacque in un’epoca in cui l’Italia poteva competere alla pari con le grandi potenze tecnologiche, grazie a una combinazione unica di talento, coraggio e visione imprenditoriale. Oggi, mentre il settore tech è dominato da pochi colossi globali, la lezione della 101 è più attuale che mai: l’innovazione non conosce confini geografici e può nascere ovunque ci siano menti curiose e capaci di immaginare il futuro. La Programma 101 non è solo un reperto museale, ma una testimonianza vivente di come la tecnologia possa essere al servizio delle persone, semplificando la vita e ampliando le possibilità di ciascuno. A sessant’anni dal suo debutto, la sua storia ci invita a guardare con speranza e determinazione alle prossime frontiere dell’informatica, ricordando che ogni rivoluzione inizia da un’idea semplice: mettere il potere del calcolo nelle mani di tutti.