Stato palestinese, dove? Grimaldi smaschera la farsa del “Piano di pace”: Gaza a me, Cisgiordania a te

Pubblicato: 13/10/2025, 19:04:41 ·
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Stato palestinese, dove? Grimaldi smaschera la farsa del “Piano di pace”: Gaza a me, Cisgiordania a te

La voce scomoda di Fulvio Grimaldi sul conflitto israelo-palestinese

Fulvio Grimaldi, giornalista e analista noto per la sua posizione radicale e critica verso le politiche occidentali in Medio Oriente, si è imposto come una delle voci più taglienti nel dibattito pubblico italiano sul conflitto israelo-palestinese. In una serie di interventi pubblicati su L’Antidiplomatico, Grimaldi mette a nudo la natura strumentale del cosiddetto “Piano di pace” promosso dalle potenze occidentali, definendolo una “grottesca e oscena farsa” che ignora totalmente le rivendicazioni e i diritti del popolo palestinese. La sua analisi si distingue per il tono polemico e la capacità di smontare le narrazioni diplomatiche ufficiali, offrendo una lettura che privilegia la prospettiva della Resistenza palestinese e la critica al sionismo.

Il “Piano di pace”: una resa mascherata da accordo

Secondo Grimaldi, il “Piano di pace” non solo non rappresenta un reale tentativo di risolvere il conflitto, ma rischia di consacrare la divisione della Palestina storica in due entità separate: Gaza, sotto il controllo di Hamas, e la Cisgiordania, sempre più frammentata tra insediamenti israeliani e una leadership palestinese debole e delegittimata. “Gaza a me, Cisgiordania a te” è la formula ironica con cui il giornalista sintetizza la logica di spartizione che, a suo avviso, rafforza l’occupazione israeliana e svuota di senso la richiesta di uno Stato palestinese indipendente e unitario. Il piano, infatti, non solo non riconosce il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, ma neppure affronta la questione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, ormai una realtà consolidata e in continua espansione. Grimaldi sottolinea come la “comunità internazionale festante” celebri una soluzione che in realtà è “un deserto chiamato pace”, un accordo che consolida le conquiste territoriali israeliane e lascia ai palestinesi solo briciole, destinate a essere ulteriormente erose nel tempo. In questo contesto, la leadership palestinese appare inerte, incapace di opporsi efficacemente a una strategia che mira a cancellare la stessa idea di Palestina come nazione. Il giornalista non risparmia critiche neppure a Hamas, che, pur avendo accettato il piano per evitare di essere tacciata di cinismo, si trova a gestire una situazione di fatto insostenibile, con una dirigenza divisa tra interessi regionali e la necessità di mantenere il consenso interno.

La realtà sul campo: occupazione, resistenza e disperazione

La situazione sul terreno, secondo Grimaldi, è drammatica. Gaza, dopo anni di assedio e bombardamenti, è stata “praticamente annientata”, mentre la Cisgiordania vede crescere il numero dei coloni ebrei, passati da 250.000 al tempo degli Accordi di Oslo a oltre 700.000 oggi. Il “Piano di pace” non prevede il ritiro israeliano né il disarmo di Hamas, lasciando così il gruppo armato come unico potere effettivo a Gaza e Israele libero di continuare la sua politica di annessione strisciante in Cisgiordania. In questo scenario, la prospettiva di una soluzione negoziata appare sempre più remota, sostituita da una logica di resa incondizionata imposta con la forza. Grimaldi non esita a definire la situazione un “genocidio lento”, citando la distruzione sistematica delle infrastrutture civili, la pulizia etnica e la negazione dei diritti fondamentali del popolo palestinese. La resistenza, per quanto debole e divisa, resta l’unica risposta possibile, anche se destinata a essere schiacciata dalla superiorità militare israeliana e dall’indifferenza della comunità internazionale. “Ai palestinesi non rimane che la loro Resistenza. Unita alle piazze del mondo”, scrive Grimaldi, evocando la necessità di una mobilitazione globale in difesa dei diritti negati.

Le reazioni internazionali e il ruolo dell’Occidente

L’analisi di Grimaldi si rivolge anche al ruolo delle potenze occidentali, in particolare degli Stati Uniti, che continuano a fornire a Israele ingenti aiuti militari nonostante la condanna unanime della comunità internazionale per le violazioni dei diritti umani. Gli accordi di pace, secondo il giornalista, sono solo “pause pubblicitarie” in un conflitto che non si interrompe mai davvero, ma assume forme diverse a seconda degli interessi geopolitici in gioco. Il sostegno occidentale a Israele, infatti, non è solo militare ma anche diplomatico, con i leader europei e americani pronti a celebrare ogni apparente progresso verso la pace, anche quando si tratta di una foglia di fico che nasconde la realtà dell’occupazione. Grimaldi cita esplicitamente le figure di Trump, Netanyahu e Blair come “serial killer” della pace, responsabili di un piano che, nelle sue parole, “implica l’inevitabilità che si debba ‘finire il lavoro’”, ovvero cancellare ogni residua speranza di autodeterminazione per il popolo palestinese. La narrazione ufficiale, che equipara la resistenza palestinese al terrorismo e legittima la repressione israeliana come autodifesa, viene smontata pezzo per pezzo, mostrando come dietro la retorica della pace si nasconda una volontà di dominio e controllo.

Conclusioni: una pace impossibile senza giustizia

In conclusione, Grimaldi sostiene che non può esserci pace senza giustizia. Ogni tentativo di imporre una soluzione dall’alto, senza tenere conto delle rivendicazioni storiche e dei diritti del popolo palestinese, è destinato a fallire, come dimostrano decenni di negoziati infruttuosi e di escalation militari. La vera sfida, per il giornalista, è rompere il muro del silenzio e dell’indifferenza che circonda la questione palestinese, riportando al centro del dibattito internazionale il diritto all’autodeterminazione e alla dignità di un intero popolo. La voce di Grimaldi, per quanto radicale e scomoda, ha il merito di sollevare domande scomode e di offrire una prospettiva alternativa a quella dominante, mostrando come dietro la retorica della pace si nasconda una realtà di oppressione e resistenza. La sua analisi, che trova spazio anche in interviste video come quella su YouTube, rappresenta un monito per chi crede ancora che la soluzione al conflitto possa arrivare dalle stanze dei potenti, senza il coinvolgimento reale e il consenso delle popolazioni direttamente interessate.

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