La seconda tappa del movimento “Bloquons tout” si è tenuta giovedì 18 settembre, registrando una partecipazione tre volte più massiccia rispetto al 10 settembre. La data – nata dalla scelta dell’intersindacale di prendere le redini della mobilitazione rispetto agli organizzatori del movimento del 10 – ha mobilitato 1 milione di persone tra lavoratori, studenti, disoccupati, superando, secondo la CGT, le cifre che si aggiravano intorno ai 900.000 manifestanti delle mobilitazioni per le pensioni nel 2023.
A poco più di una settimana dalla nomina del nuovo Primo Ministro, Sébastien Lecornu (Renaissance), la mobilitazione puntava a mettere sotto assedio la proposta di budget dell’ex primo ministro che avrebbe tagliato 44 miliardi di euro di spesa sociale, e – sulla spinta delle componenti più combattive – a mettere sotto scacco la stessa presidenza di Macron.
Il nuovo primo ministro si trova adesso a dover trovare un compromesso per far approvare il bilancio, attraverso la consultazione con gli altri partiti, che già ha portato ad annunciare l’eliminazione della misura che prevedeva la soppressione di due giorni feriali. I sindacati hanno dato il loro ultimatum: Lecornu dovrebbe dare risposte entro il 24 settembre sulle loro richieste, minacciando nuove mobilitazioni.
In risposta, Lecornu ha proposto all’intersindacale un incontro a Matignon per mercoledì 24 settembre. CFDT, CGT, FO, CFE-CGC, CFTC, UNSA, FSU et Solidaires convergono nel chiedere l’abbandono dell’innalzamento dell’età legale di pensionamento a 64 anni e del progetto volto a irrigidire le regole di indennizzo dei disoccupati.
Esigono anche il ritiro «dei progetti che attaccano il codice del lavoro e il Primo Maggio», dal momento che il Senato ha adottato, all’inizio di luglio, una proposta di legge per autorizzare alcuni esercizi, come panetterie e fioristi, a far lavorare i propri dipendenti anche durante la Giornata internazionale dei lavoratori, festiva e non lavorativa in Francia.
Lo spettro dei sindacati francesi si estende dalle posizioni moderate e concertative della CFDT – il cui presidente già afferma rispetto a mercoledì: « On a conscience qu’on n’aura pas des réponses à tout, mais il nous faut quelques signes» – a quelle più conflittuali della CGT (e soprattutto di alcune delle sue federazioni) e di Solidaires, che nella giornata del 18 sono riusciti a bloccare nodi strategici e servizi essenziali del paese, animando un conflitto dalla reale partecipazione sociale.
La CGT rivendica 400.000 manifestanti solo tra le proprie fila. I trasporti quasi interamente bloccati, sia i sindacati SNCF che RATP preannunciavano un’ampia partecipazione, confermata nella giornata di giovedì.
Secondo dati ufficiali, il 10,9% dei funzionari pubblici è sceso in sciopero, che corrisponde a 2,5 milioni di persone, il doppio rispetto alle stime del 10 settembre; nel settore scuole. La FSU-SNUipp annuncia un terzo del personale in sciopero: chiuse 90 scuole a Parigi (15%), oltre un terzo in Haute-Garonne, 142 su 207 a Lione, 22 su 113 a Montpellier, una su quattro in Guyana. A Marsiglia 330 scuole senza mensa, a Lione 13 ristoranti scolastici chiusi. La mobilitazione riflette anni di salari reali in calo, locali degradati, classi sovraffollate e carenza di personale.
In tutta Francia, 23 licei sono stati occupati nel corso della giornata.
Rispetto al 10, che aveva visto il tentativo di blocchi in punti strategici delle città, come sulla peripherique parigina, il 18 è stato caratterizzato dai “piquet de grève”, lanciati la mattina presto, per impedire lo svolgimento dei servizi, che hanno visto la partecipazione di manifestanti in sostegno dei lavoratori.
A Saint-Denis, l’Union Locale CGT Saint-Denis ha bloccato i magazzini Carrefour, denunciandone i legami con la società israeliana Electra Consumer Products e la sua filiale Yenot Bitan, che ha dei magazzini in Israele.
I lavoratori della CGT Energie, in sciopero già da tre settimane, hanno continuato a organizzare picchetti e blocchi, chiedendo aumenti salariali, l’abbassamento della TVA, una riduzione del prezzo dell’energia per l’utenza, e ottenendo una negoziazione fissata per il 23 settembre.
A Parigi, i ferrovieri della Gare de Lyon hanno condotto un’azione a sorpresa al Ministero dell’Economia e delle Finanze, insieme al sindacato SUD Rail, che era stato il primo a aderire anche alla giornata del 10.
Sempre a Parigi, al deposito RATP di Lagny (20° arr.), oltre 50 sostenitori hanno risposto all’appello dei tranvieri per rafforzare i blocchi. Presenti sanitari, studenti e liceali, con interventi reciproci di solidarietà e convergenza tra settori. Nel corso della mattinata i tranvieri hanno raggiunto i liceali di Hélène Boucher e Rosa Parks. Forte la repressione poliziesca sin dalle 5 del mattino con lacrimogeni e cariche, segno della volontà del governo di frenare i blocchi e della necessità di estendere la grève alla RATP e oltre.
Dopo il picchetto all’alba, oltre 1000 persone – cheminots, RATP, sanitari, insegnanti e studenti – si sono riuniti a Gare du Nord in Assemblea Generale (“AG”) contro repressione e riforme. Interventi su solidarietà ai liceali colpiti, necessità di coordinare i settori in lotta e costruire la mobilitazione “dal basso” oltre le direzioni sindacali.
L’AG ha votato di creare uno spezzone che si ponesse in testa (davanti ai cortei sindacali tradizionali) per portare parole d’ordine più radicali: sciopero generale, dimissioni del governo e di Macron, aumento dei salari, verso una generalizzazione della lotta.
Al porto di Fos-sur-Mer (Marsiglia), i lavoratori del terminale di gas di Cavaou hanno bloccato l’approdo delle navi metaniere, paralizzando l’approvvigionamento energetico della regione.
Di fronte a picchetti e piazze, la repressione ha colpito forte: il ministro dell’Interno Francese Bruno Retailleau aveva annunciato un dispiegamento di oltre 80.000 agenti, 24 veicoli blindati “centaure”, 10 idranti, droni ed elicotteri su tutto il territorio nazionale per la giornata di mobilitazione intersindacale e interprofessionale del 18 settembre.
Si stimano 140 arresti e 75 fermi della polizia. La manifestazione di Parigi ha visto violente cariche della polizia a freddo e numerosi feriti, e anche a Lione e Nantes violenti scontri con la polizia.
Dopo la manifestazione del 18 settembre, La France insoumise (LFI) ha ribadito la necessità di una mobilitazione radicale contro Emmanuel Macron, ma Mélenchon ha anche insistito sulla disciplina nelle piazze, dichiarando: «Il faut éviter les débordements, car ils seraient utilisés par le pouvoir pour justifier la répression».
I socialisti (PS) hanno invece espresso frustrazione dopo l’incontro con il Primo Ministro. Olivier Faure ha affermato: «Je suis resté sur ma faim, Lecornu n’a donné aucune garantie concrète», minacciando di non votare la dichiarazione di politica generale se non arriveranno cambiamenti sostanziali.
Il Rassemblement National (RN) ha preso posizione contro i tagli, difendendo il potere d’acquisto. Marine Le Pen ha affermato: «Nous ne laisserons pas passer un budget qui sacrifie les Français les plus modestes», ma allo stesso tempo – dimostrando così il carattere strumentale della sua “opposizione” – si è rifiutata di appoggiare le rivendicazioni di sinistra e sindacati.
Sul piano parlamentare la situazione è quindi in stallo, in attesa delle prossime mosse del primo ministro e di Macron. Su quello sindacale la mobilitazione ha dato la spinta ad alcune categorie di lavoratori per incrementare la pressione sui rispettivi settori, mentre i vari movimenti e organizzazioni della sinistra radicale rilanciano sulla mobilitazione politica, con una terza data che si è già tenuta ieri in 44 piazze in tutto il paese, e la cui piattaforma mette al centro la destituzione di Macron, parlando di “fine della monarchia”, cioè della V Repubblica.
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Giancarlo Staffo
la lotta contro Macron, per i diritti sociali, non è separabile dalla lotta contro la guerra e contro l’economia di guerra UE Nato.