Di Xavier Azalbert, France-Soir
Una nuova tappa nella follia distruttiva
firmata Emmanuel Macron: lo scioglimento.
Ma non quello dell’Assemblea nazionale.
No. Lo scioglimento dell’esercito francese!
La Francia sta perdendo la sua anima sotto l’impulso di un presidente che sembra disposto a tutto pur di lasciare il segno nella storia, a scapito della sovranità nazionale? Emmanuel Macron, fedele al suo “allo stesso tempo”, sta orchestrando una progressiva dissoluzione dell’identità francese, dalla sua industria al suo esercito? Mentre la crisi politica paralizza il Paese, incombe una minaccia più grave: quella di un’erosione della nostra autonomia militare, al crocevia tra ambizioni europee e retorica bellicosa. Ecco perché i francesi devono aprire gli occhi sulle derive in corso.
Una dissoluzione istituzionale: l’esercito francese sotto la tutela europea?
Dal suo arrivo all’Eliseo, Emmanuel Macron ha manifestato una chiara ambizione: accelerare l’integrazione europea, anche nel campo della difesa. Questo progetto, tutt’altro che innocuo, potrebbe ridurre l’esercito francese – uno dei più potenti d’Europa – a un semplice ingranaggio di un futuro «esercito europeo». Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha dato il tono nel suo discorso del 10 settembre 2024 davanti al Parlamento europeo: «Dobbiamo costruire una vera Unione della difesa europea, con capacità comuni per affrontare le minacce del XXI secolo» (1). Questo progetto, sostenuto da Macron, solleva una questione cruciale: la Francia è pronta a cedere il controllo delle sue forze armate a Bruxelles?
Peggio ancora, Macron ha già aperto la porta a una mutualizzazione della deterrenza nucleare francese, un pilastro della nostra sovranità. Durante un discorso all’École militaire nel gennaio 2020, ha dichiarato: «La deterrenza nucleare francese deve inserirsi in una dimensione europea, in dialogo con i nostri partner». Se questa idea può sembrare allettante in una logica di cooperazione, rischia di indebolire l’indipendenza strategica della Francia, l’unica nazione europea dotata di armi nucleari. Un esercito francese integrato in una struttura sovranazionale, sotto la guida di una Commissione europea con poteri crescenti, sarebbe ancora al servizio dei francesi? O diventerebbe uno strumento al servizio delle ambizioni personali di Macron, che, secondo alcuni osservatori, mirerebbe alla presidenza della Commissione europea dopo il suo mandato all’Eliseo?
Va anche notato che, sebbene la sostituzione di Ursula von der Leyen con Emmanuel Macron sarebbe un modo per offrirgli una “via d’uscita onorevole” (in privato, alcuni sostengono che questo “ci libererebbe di lui come Presidente della Repubblica”), ne trarremmo davvero vantaggio? Ovviamente no! Il Trattato di Lisbona conferisce al Presidente della CE un potere quasi assoluto su tutto il territorio dell’Unione Europea, quindi se Emmanuel Macron fosse nominato Presidente della CE, la situazione rischierebbe di surriscaldarsi per i nostri militari molto più di quanto non sia già successo negli ultimi 8 anni e 4 mesi in Francia.
Una rischiosa escalation geopolitica: verso un impegno in Ucraina?
L’attuale contesto geopolitico, segnato dal conflitto in Ucraina, amplifica le preoccupazioni. Dal 2022, Emmanuel Macron ha adottato una posizione sempre più bellicosa, moltiplicando le dichiarazioni provocatorie. Nel febbraio 2024, durante una conferenza a Parigi, ha affermato: «Non dobbiamo escludere l’invio di truppe occidentali in Ucraina per sostenere Kiev contro la Russia». “ Questa dichiarazione, che ha suscitato scalpore tra i suoi alleati europei, ha rivelato una volontà di escalation militare, in contrasto con la cautela di paesi come la Germania o gli Stati Uniti.
Come sottolineava un editoriale del 2022 intitolato ”Obiettivo guerra, sì, ma quale?“, questa retorica bellicosa potrebbe nascondere obiettivi politici più personali. Infatti, un impegno militare diretto della Francia – in particolare delle sue forze d’élite come le forze speciali o la Legione straniera – sarebbe disastroso. L’esercito francese, sebbene temibile, dispone di risorse limitate: le sue unità d’élite, poche decine di migliaia di uomini su un esercito di 200.000, costituiscono la punta di diamante della sua capacità operativa. Impegnarle in un conflitto ad alta intensità contro la Russia, in un teatro complesso come l’Ucraina, equivarrebbe a rischiare una strage, indebolendo in modo duraturo la nostra difesa nazionale. Certo, nessun annuncio ufficiale ha confermato l’invio di truppe. Ma le voci insistenti indicano una crescente tentazione da parte di Macron di assumere il ruolo di capo di guerra sulla scena internazionale. Questa posizione, lungi dal servire gli interessi francesi, potrebbe precipitare il Paese in una spirale incontrollabile, con conseguenze umane e strategiche drammatiche.
Una deriva autoritaria: la Costituzione come giocattolo
Al di là delle questioni militari, la crisi politica interna aggrava i rischi di deriva. Dalle elezioni legislative del 2024, la Francia è immersa in un vicolo cieco istituzionale. L’assenza di una chiara maggioranza all’Assemblea nazionale, unita al fallimento dei negoziati per formare un governo stabile, ha indebolito il funzionamento democratico. In questo caos, Macron potrebbe essere tentato di ricorrere a leve eccezionali per consolidare il suo potere.
L’articolo 16 della Costituzione, che consente al Presidente di attribuirsi temporaneamente pieni poteri in caso di «grave crisi», rappresenta una minaccia reale. Macron ha già dimostrato, nel corso dei suoi otto anni di mandato, una propensione ad aggirare i controlli istituzionali. Il Consiglio costituzionale, che dovrebbe garantire il rispetto della Costituzione, si è spesso mostrato compiacente nei confronti delle sue decisioni controverse, come l’adozione di riforme impopolari (pensioni, disoccupazione) con procedure accelerate. Questo precedente è preoccupante: una crisi internazionale, come un’escalation in Ucraina, potrebbe servire da pretesto a Macron per invocare l’articolo 16, sospendendo di fatto il gioco democratico.
Questo gusto per l’autorità ricorda Napoleone I, una figura che Macron ammira apertamente. Come osservava l’Imperatore: «In politica, la stupidità non è un handicap.» Ma mentre Napoleone è riuscito a costruire un impero, Macron rischia di precipitare la Francia nel caos, giocando con le istituzioni che indebolisce di proposito. A ciò si aggiunge il persistente interrogativo sul suo stato di salute psicologica, che preoccupa sempre più: «Macron ha fatto ammalare i suoi concittadini con il maltrattamento istituzionale della popolazione?» scrivevo nel 2024.
Un pretesto per la guerra: manipolare l’opinione pubblica
Per coinvolgere la Francia in un conflitto militare, Macron avrebbe bisogno del sostegno popolare, o almeno di una giustificazione sufficientemente forte da neutralizzare le opposizioni. La stragrande maggioranza dei francesi si oppone a una guerra contro la Russia, consapevole dei rischi di escalation e dell’impatto sulla propria vita quotidiana. Come, quindi, conquistare l’opinione pubblica?
Uno scenario plausibile sarebbe quello di uno shock psicologico, amplificato dalla propaganda mediatica. Un evento drammatico – ad esempio un attacco contro le forze francesi, reale o inscenato – potrebbe essere sfruttato per suscitare indignazione e legittimare un intervento. Le immagini di un “orrore assoluto”, trasmesse in loop dai media, trasformerebbero Vladimir Putin nel nemico pubblico numero 1, giustificando una “unione sacra” attorno a Macron. Quest’ultimo potrebbe quindi brandire il patriottismo per zittire i suoi critici, accusando i dissidenti di “alto tradimento” – un reato che Nicolas Sarkozy ha opportunamente eliminato dalla Costituzione nel 2007, rendendo il presidente intoccabile.
Un simile scenario, per quanto possa sembrare estremo, non è inedito. La storia è piena di esempi in cui i leader hanno manipolato l’opinione pubblica per giustificare le guerre.
Come diceva Napoleone: «La storia è una serie di bugie su cui tutti sono d’accordo». Macron, abile comunicatore, sa perfettamente come giocare queste carte, essendo «perverso» come ha chiaramente lasciato intendere in un’intervista alla fine del 2016.
Il prezzo dell’ambizione: un Paese in pericolo
In otto anni, Emmanuel Macron ha già lasciato un’impronta pesante sulla Francia. L’industria nazionale, dai fiori all’occhiello come Alstom ai settori strategici come l’energia, è stata svenduta o indebolita in nome del globalismo. Il debito pubblico, che secondo i dati dell’Insee (2024) supera ormai il 120% del PIL, è salito alle stelle, impoverendo i francesi a vantaggio di interessi stranieri. L’esercito, ultimo baluardo della sovranità, è ora nel mirino.
Se Macron riuscisse a fondere l’esercito francese in una struttura europea o a coinvolgerlo in un conflitto azzardato, le conseguenze sarebbero irreversibili. Un esercito indebolito, privato delle sue unità d’élite, non potrebbe più garantire la sicurezza delle frontiere né rispondere alle minacce interne. Una Francia disarmata, indebitata e divisa sarebbe allora alla mercé dei suoi partner – o dei suoi avversari.
Coloro che si opporranno saranno accusati di intelligenza con il nemico e quindi immediatamente passati alle armi. Per dare l’esempio. Purtroppo per la Francia e i suoi abitanti, sembra possibile che questo scenario non sia solo un’ipotesi avanzata in un editoriale, ma una realtà in atto. Un piano terrificante che Emmanuel Macron si appresta a mettere in atto.
Per quanto riguarda la palese e gravissima violazione della Costituzione che questa decisione comporterebbe, se venisse attuata, Emmanuel Macron, fanatico adoratore di Napoleone I, si difenderebbe con questa famosa citazione dell’Imperatore: «Chi salva il proprio Paese non viola alcuna legge.
Il coraggio della pace: un barlume di speranza
Domani, 21 settembre 2025, è la Giornata internazionale della pace, un simbolo potente in un mondo in cui risuonano i tamburi di guerra.
Di fronte alle manovre bellicose, voci coraggiose si levano per dire «no» alla guerra e «sì» alla pace. Figure come il senatore Alain Houpert, noto per le sue posizioni critiche nei confronti degli abusi di potere, e Paul Pellizzari, generale radiato dall’esercito per aver denunciato gli abusi, incarnano questa speranza.
Questi uomini, mettendo a rischio la loro carriera, hanno osato opporsi alle decisioni potenzialmente disastrose di un esecutivo che sembra pronto a sacrificare la sovranità francese e ad aggirare la Costituzione. La loro lotta per la pace, lontana dalle posizioni bellicose, ricorda che la Francia può ancora scegliere la ragione e la prudenza di fronte alle ambizioni di un solo uomo. E che l’inerzia giudiziaria potrebbe contribuire a mettere in pericolo l’interesse superiore della nazione.
Un appello alla massima vigilanza
Di fronte a questi abusi, i francesi devono svegliarsi. La sovranità nazionale, frutto di secoli di lotte, è minacciata da un presidente che sembra preferire gli ori di Bruxelles agli interessi del suo paese. Un coinvolgimento in guerra, un’integrazione europea mal gestita o una deriva autoritaria non sono fatalità, ma scelte politiche che possiamo ancora contestare. Come diceva Napoleone: «La buona politica consiste nel far credere ai popoli di essere liberi». Sta a noi dimostrare che non siamo degli ingenui.
Esigiamo trasparenza sui progetti europei, rifiutiamo l’escalation militare e difendiamo una Francia sovrana, capace di decidere del proprio futuro senza piegarsi alle ambizioni di un solo uomo.
Il suicidio francese non è inevitabile, ma richiede la nostra vigilanza collettiva.
- Il discorso che Ursula von der Leyen ha tenuto davanti al Parlamento europeo il 10 settembre 2025 non lascia spazio a equivoci al riguardo:
Di Xavier Azalbert, France-Soir
20.09.2025
Traduzione a cura della Redazione di ComeDonChisciotte.org