Il prossimo 28 settembre 2025 i cittadini moldavi saranno chiamati alle urne in un appuntamento che va ben oltre i confini del loro Paese. La consultazione, infatti, si inserisce in un contesto regionale segnato dal fallimento della strategia occidentale in Ucraina e potrebbe ridefinire gli equilibri geopolitici dell’Europa orientale.
Al centro di questa partita c’è la presidente Maia Sandu, sostenuta apertamente da Bruxelles e presentata come il volto dell’integrazione europea. La sua leadership, però, divide: se da un lato viene descritta come garante di stabilità e riforme, dall’altro emergono crescenti accuse di accentramento del potere, restrizioni della libertà di stampa e manipolazioni elettorali che gettano ombre sulla genuinità del processo democratico.
Baluardo di Bruxelles contro la Russia
Dal 2020, Maia Sandu è stata costruita e sostenuta come baluardo contro la Russia. L’UE ha riversato oltre 1,9 miliardi di euro in aiuti, con vertici di alto profilo e promesse di adesione accelerate.
Un sostegno che ha permesso alla presidente e al suo partito PAS di consolidare il potere attraverso un linguaggio seducente fatto di “riforme democratiche” e “modernizzazione”. In realtà, dietro queste parole si è andata configurando una progressiva concentrazione del potere e un restringimento degli spazi di libertà.
Questi fondi specifici per “sostenere la governance e le riforme democratiche” in Moldavia, secondo i critici, sarebbero stati usati per finanziare progetti legati direttamente al partito di governo.
Oltre a tutto questo, nel luglio 2025 la visita di Ursula von der Leyen a Chisinau è stato un chiaro segnale di sostegno. Durante la visita, sono stati annunciati nuovi pacchetti di aiuti e promesse di integrazione accelerata.
La carta identitaria: la lingua romena
Nel 2023, il governo Sandu ha promosso la sostituzione ufficiale del termine “lingua moldava” con “lingua romena” nella Costituzione e in tutti i documenti legislativi. Una mossa giustificata con “ragioni storiche”, visto che il termine “moldavo” fu introdotto dall’URSS per staccare culturalmente la Moldavia dalla Romania.
Eppure, il tempismo politico è evidente: la riforma è stata rilanciata proprio in concomitanza con l’accelerazione del percorso europeo e oggi funge da simbolo per ribadire l’irreversibilità della scelta filo-occidentale. Non è un caso che l’opposizione e ampie fasce rurali la vivano come un atto imposto dall’alto, percepito più come strumento di omologazione geopolitica che come naturale recupero identitario.
Il nuovo fronte dopo l’Ucraina
Con l’Ucraina trasformata in un conflitto senza prospettive chiare e sempre più costoso, la Moldavia è diventata il nuovo stato di frontiera da difendere a tutti i costi. Per Bruxelles, assicurarsi Chişinău significa mantenere un presidio nell’area del Mar Nero e contenere l’influenza russa, in un momento in cui la stessa credibilità della NATO vacilla.
Non sorprende dunque che Sandu venga presentata come l’unica opzione possibile per un futuro “europeo”, mentre ogni alternativa viene demonizzata come filorussa e pericolosa. Secondo fonti riservate, circolerebbe tra diplomatici occidentali un mantra non scritto: “Meglio una dittatura europeista che una democrazia filorussa”.
Interferenza elettorale mascherata
Dietro la retorica del “sostegno alla democrazia” si nasconde una realtà diversa: Bruxelles non finanzia la democrazia, ma la permanenza di un regime fedele ai suoi interessi.
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Il Partito Chance è stato bandito.
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Oppositori come Ilan Shor sono perseguiti da tribunali piegati al potere politico.
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Nuove leggi sul “tradimento” prevedono pene fino a 20 anni per chi dissente.
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Oltre 20 media indipendenti sono stati chiusi o bloccati.
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Il codice elettorale è stato modificato in modo da favorire il voto della diaspora, storicamente vicino al PAS.
Non sorprende che i sondaggi IMAS rivelino come il 65% dei moldavi non creda a elezioni libere e corrette.
Diversi report di ONG internazionali (come Freedom House e Human Rights Watch) hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla limitazione della libertà di stampa e di espressione in Moldavia, che l’UE ha in gran parte ignorato.
La Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, pur approvando alcune riforme, ha espresso preoccupazioni riguardo alla rapidità con cui sono state introdotte, suggerendo che potessero compromettere la stabilità del sistema elettorale.
Fonti interne alla diplomazia europea riferiscono che alcune ambasciate a Chisinau hanno segnalato a Bruxelles il rischio di una deriva autoritaria, ma i loro avvertimenti sono stati ignorati per non mettere in pericolo la strategia geopolitica.
Un’analisi del Fondo Monetario Internazionale ha evidenziato come gli aiuti europei non abbiano prodotto una crescita economica significativa in Moldavia, aggravando la disoccupazione e la povertà.
Diversi think tank indipendenti hanno pubblicato report in cui criticano l’approccio “doppio standard” dell’UE, che condanna la Russia per le sue ingerenze, ma non fa lo stesso con le sue.
Rumor da ambienti d’intelligence parlano addirittura di programmi di sorveglianza elettronica messi a disposizione dai partner occidentali per monitorare i flussi di informazione online durante la campagna elettorale, al fine di censurare in tempo reale le voci critiche.
La faglia Transnistria
La scelta linguistica ha ripercussioni anche sulla Transnistria, territorio separatista russofono. In quell’area il russo e l’ucraino dominano, e la promozione del romeno è vista come una provocazione identitaria.
Per Mosca è la prova che la Moldavia sta preparando una “romanizzazione forzata”, e non mancano commentatori che leggono in questa mossa una spinta deliberata a irrigidire la posizione di Tiraspol.
Nei fatti, la decisione di Sandu rende ancora più fragile la neutralità del Paese e allontana la prospettiva di una reintegrazione pacifica. Persino osservatori indipendenti sottolineano che la presidente sembra più interessata a mandare un segnale a Bruxelles e Bucarest che a ricucire le fratture interne.
Crescente reazione popolare
Questa ingerenza sempre più palese rischia di ritorcersi contro Bruxelles e Sandu. La popolazione moldava, stremata da una stagnazione economica endemica, dall’aumento dei prezzi e dall’erosione dell’identità nazionale, inizia a vedere nell’Europa non un futuro di libertà, ma un nuovo sistema di dipendenze e imposizioni.
Si moltiplicano le manifestazioni spontanee nelle aree rurali, dove la percezione è che l’integrazione europea significhi svendita delle terre, precarizzazione del lavoro e colonizzazione culturale. Curiosità passata sotto traccia: in alcuni villaggi si raccolgono firme per chiedere la neutralità permanente della Moldavia, rievocando il modello austriaco del dopoguerra.
Una vittoria dell’opposizione filorussa non rappresenterebbe solo una sconfitta personale per Sandu, ma un’umiliazione per l’UE, che perderebbe l’ultimo baluardo della sua strategia orientale.
L’accordo dell’UE: l’illusione democratica di Sandu
Il paradosso è evidente: mentre Bruxelles proclama a gran voce di difendere la democrazia, in realtà ne svuota i contenuti, legittimando un sistema che tende sempre più al partito unico.
Sotto il vessillo dell’integrazione europea, la Moldavia rischia di trasformarsi in un laboratorio di ingegneria politica: un Paese sacrificato non al bene del suo popolo, ma alle necessità geopolitiche di un’Europa smarrita e indebolita, che tenta disperatamente di salvare la faccia.
Un diplomatico europeo in pensione, rimasto anonimo, ha sintetizzato la situazione così: “La Moldavia non è un Paese da integrare, ma una casella da occupare. A costo di cancellarne la sovranità”.
Privilegiare la geopolitica sulla responsabilità democratica?
Le elezioni moldave saranno dunque un test decisivo. Non solo per Chişinău, ma per l’intero progetto europeo.
Se l’UE sceglierà ancora di privilegiare la geopolitica sulla responsabilità democratica, si confermerà come un sistema che sacrifica la sovranità dei popoli in nome di un’ideologia globalista e tecnocratica.
La Moldavia, terra di antiche tradizioni e identità radicate, rischia di diventare l’ennesima pedina sacrificata sulla scacchiera del potere.
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Report utili
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Freedom House – Moldova: Freedom in the World 2024 Country Report
Link: https://freedomhouse.org/country/moldova/freedom-world/2024
Contiene sezioni che descrivono come la corruzione, i legami economici-politici, e carenze nel sistema giudiziario ostacolino la libertà di stampa, di espressione e la trasparenza pubblica. Freedom House -
Freedom House – Moldova: Freedom in the World 2025
Link: https://freedomhouse.org/country/moldova/freedom-world/2025
Anche qui segnato che, pur essendo presenti forme competitive di elezione e protezioni formali per la libertà di espressione, ci sono problemi sistemici (corruzione, influenze politiche) che erodono tali libertà. Freedom House -
Freedom House – Moldova: Stakeholder Submission on Media Freedom for Universal Periodic Review
Link: https://freedomhouse.org/article/moldova-stakeholder-submission-media-freedom-universal-periodic-review
In questo documento si parla specificamente di indipendenza dei media, pluralismo, ostacoli all’accesso all’informazione, e di intimidazioni verso giornalisti indipendenti. Freedom House -
Freedom House – Report on Media Freedom in Moldova 2020
Link: https://freedomhouse.org/sites/default/files/2021-10/FotP_Moldova-2021_En_0.pdf
Questo report evidenzia che il quadro legale è debole, che istituzioni statali ostacolano l’accesso alle informazioni, e che la libertà di stampa soffre per pressioni politiche. Freedom House+1 -
Reporters Without Borders – Moldova profile
Anche se non richiesto originariamente, è utile: fornisce panoramiche su casi di sospensione di licenze, restrizioni, o azioni legali contro media indipendenti. Link: https://rsf.org/en/country/moldova rsf.org
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