Chi pensa che Nadia Mayer, nota al grande pubblico grazie al successo di Casa a prima vista su Real Time, sia una donna fredda e scarsamente empatica non ha capito molto di lei: «Dicono spesso che sono glaciale, ma non potrei essere più diversa da quell'idea», commenta Mayer, che nel libro La mia casa ideale - Dove la felicità è una scelta pubblicato da Rizzoli ha voluto raccontare ai suoi lettori cos'è la casa per lei e cosa potrebbero fare per renderla più confortevole e personale. La casa perfetta, dopotutto, non esiste: «È importante che la casa sia perfetta per chi la vive, che è diverso», spiega Nadia Mayer con la voce calda e materna di sempre.
Scrive: «La casa non è solo un tetto sopra la testa: è il luogo in cui ci togliamo tutte le maschere che indossiamo durante la giornata quando facciamo finta di essere sempre pronti, efficienti e decisi in ogni aspetto della vita». Lei da quali maschere di libera una volta a casa?
«La casa è il luogo che ti permette di rimanere te stesso perché fuori sei sempre sottoposta al giudizio degli altri, allo stress e all'ossessione di essere performante in ogni momento. Quando sono a casa cerco di liberarmi soprattutto di questa maschera: questo bisogno sempre crescente di dimostrare di valere a tutti i costi mi spaventa. E poi dico sempre che imparo più dai fallimenti che dalle vittorie».
Come vive la competizione?
«Se competizione vuol dire voler fare bene il proprio lavoro, allora sono competitiva. Se uno è più bravo di me posso provare solo ammirazione e cercare di rubare, nel senso buono della parola, quelle che possono essere delle accortezze che potrei affinare anch'io. Dover per forza prevaricare l'altro per dimostrare il proprio valore è qualcosa che fa male e che non è sana. Più che a emergere, mi preoccupo di osservare quelli che stanno in disparte perché hanno più da raccontarci».
Lei cosa racconta?
«Vorrei raccontare che non c'è niente di scontato e che, per esempio, la casa perfetta non esiste così come non esiste la felicità perfetta. Non siamo sempre felici. La felicità sono quegli attimi rubati che ti ricordi quando vivi dei momenti tristi e dici, cavolo, come ero contenta in quella situazione. Quindi rivaluti tutto col senno di poi».
Cosa la rende felice?
«Le piccole cose, come i fiori. Al di là del fatto che non capisco le persone che mettono dei fiori e delle piante finte in casa, se qualcuno mi porta in un vivaio mi rende la donna più felice del mondo: in quell'esplosione di colori e di profumi trovo la felicità vera. Adoro prendermi cura di qualcosa e di qualcuno, anche se ormai facciamo fatica a prenderci cura anche degli esseri umani. Penso, per esempio, al gruppo degli uomini che condividevano di nascosto le foto delle proprie mogli: come si fa a violare e rubare qualcosa di così intimo? Lo considero agghiacciante».
Nel libro scrive che la sua casa non è mai statica e che si diverte ogni anno a riverniciare le persiane e cambiare qualcosa: perché?
«Mi fa sentire viva: non siamo delle statue di sale, è giusto per me alimentare la trasformazione e la metamorfosi. La comfort zone, alle volte, mi fa paura».
Perché, secondo lei?
«Vivo tutto alla giornata e non do niente per scontato, forse perché quando ero piccola ho cambiato casa tante volte: non mi sono mai sentita a casa, e questo mi ha portata a cercare qualcosa che mi è mancata, una solidità che da ragazza non avevo. È come se dicessi a me stessa che posso ancora modificarmi, ma con una tranquillità emotiva completamente diversa rispetto a prima».
La prima volta in cui Nadia Mayer ha assaporato la solidità?
«Quando mia madre si è separata da mio padre e siamo andate a vivere insieme a Vicenza per costruirci una nuova vita. Avevo 12 anni, avrei iniziato di lì a poco a vivere l'adolescenza: è lì che mi sono sentita per la prima volta a casa. Le altre in cui ho abitato quasi non le ricordo, perché non c'era armonia dentro. Lì ho iniziato a capire quanto fosse importante piangere».
Come mai è importante?
«Perché piangere aiuta, è qualcosa che serve. Non capisco perché demonizziamo tanto le lacrime pensando che siano un atto di debolezza: per me, invece, sono un grande atto di forza perché ti permettono di manifestare le emozioni».
A proposito di emozioni: molte coppie e single provano frustrazione di fronte a un mercato immobiliare molto complesso, ricco di B&B e affitti brevi. Soluzioni?
«Se fossi al governo, farei una politica sociale per le cosiddette social housing completamente diversa. La dignità di una persona viene quando gli assicuri un lavoro e una casa: si tratta di un diritto che deve essere garantito a tutti, ed è per questo che non sopporto quando sento di famiglie costrette a trasferirsi in periferia perché città come Roma ormai stanno diventando un conclave per turisti. Mi sembra che oggi sia tutta una fatica: anche mettere su famiglia lo è diventato».
Ha mia l'impressione che, in questo, l'agente immobiliare venga visto come un nemico?
«La mia filosofia di vita è sempre stata la verità, anche se a volte può essere dura. Con i miei clienti cerco sempre di essere sincera e onesta perché voglio che si fidino di me: in fase delicate e così cariche di stress come un trasloco e la ricerca di una casa trovare una persona cui affidarsi diventa cruciale, e io cerco di essere trasparente nutrendo il massimo rispetto per chi ho di fronte e mi sta, magari, mettendo in mano i risparmi di una vita per comprare casa. So bene cosa significa lavorare: dall'età di 14 anni ho sempre sgobbato e non mi sono mai tirata indietro, non tanto per me quanto per gli altri. È bello fare qualcosa per chi ti è vicino, senza aspettarsi per forza qualcosa in cambio».
La sua arma vincente?
«Il sorriso, che penso che sia la più bella arma che abbiamo perché ci dimentichiamo troppo spesso che, anche quando fuori piove, prima o poi rispunterà il sole. Voglio sperare che questa positività sia contagiosa, un po' come il morbillo. Tre anni fa ho perso mia madre e, prima di andarsene, mi ha detto che non sarei mai diventata ricca di denaro perché sono una persona troppo onesta. Aveva ragione: sono sempre stata molto attenta e rispettosa degli altri, anche a costo di stare male quando non trovavo dall'altra parte la gentilezza di cui avevo bisogno. Vorremmo tutti trovare delle persone che rispettino il tuo sentire e il tuo modo di essere: basterebbe davvero poco».
Ha mai pagato un prezzo per essere onesta?
«No, perché l'ho sempre scelto, fortunatamente. E ne è sempre valsa la pena».
Nadia Mayer si vuole bene?
«Ho imparato a volermene. Penso di essere una donna sensibile, che alla mia età non è poco. Di fronte alla violenza e alle prevaricazioni divento una furia ma, con il tempo, sono migliorata: primo ero una bomba ad orologeria, ma oggi ho imparato a fare prima un bel respiro».