Martedì 23 Settembre 2025
ANDREA ROPA
Economia

Bpm e Agricole studiano le nozze. Ma resta il nodo del Golden Power

Delineato un piano di fusione, con i francesi al 25% del Banco e la conferma di Castagna al vertice

Giuseppe Castagna, 66 anni, amministratore delegato di Banco Bpm

Giuseppe Castagna, 66 anni, amministratore delegato di Banco Bpm

Il risiko bancario italiano non dorme mai. Mentre Mps stringe il cerchio su Mediobanca, a Nord prende forma un matrimonio che potrebbe cambiare gli equilibri di potere: Crédit Agricole e Banco Bpm stanno disegnando un colosso capace di sfidare i big del credito europeo. Un piano che però rischia di inciampare nella politica: il governo italiano, armato di golden power, resta diviso sul dossier e potrebbe bloccare l’operazione così come fece con Unicredit. Secondo indiscrezioni di stampa, l’operazione è già delineata nei dettagli. L’Agricole, che oggi detiene il 20% del Banco e ha l’autorizzazione a salire fino al 29,9%, si fermerebbe sotto la soglia del 25% per evitare l’obbligo di opa e contenere il rischio di uno stop politico. Banco Bpm, invece, acquisirebbe il 51% di Crédit Agricole Italia, valutata 6 miliardi, pagando con un mix di strumenti: un miliardo in azioni Anima, un miliardo in titoli Agos Ducato, e un miliardo circa con il 5% del proprio capitale.

Il piano prevede la conferma di Giuseppe Castagna, ad di Banco Bpm, alla guida del gruppo per altri tre anni. Contestualmente, le fondazioni e le casse previdenziali acquisirebbero il 14% di Cai, rafforzando il loro patto dall’attuale 6% all’11%, per bilanciare il peso dei francesi. Ma il governo potrebbe non restare a guardare. La Lega, storicamente vicina a Banco Bpm, e FdI hanno visioni diverse sull’operazione. Molto dipenderà anche dall’Europa, che deve pronunciarsi sul ricorso italiano per il Golden Power su Unicredit: un giudizio che potrebbe limitare l’uso dello strumento. Nel giorni scorsi Castagna aveva definito le nozze con l’Agricole qualcosa che "potrebbe essere un bene per l’economia italiana" nonché "l’opzione più evidente" per il Banco, alla luce dei legami azionari e industriali tra i due istituti. Mentre il ceo dei francesi, Jerome Grivet, aveva parlato di "diversi scenari" possibili.

Sul fronte Mediobanca, la scalata di Mps procede spedita. Domani chiude l’Opas e Siena punta all’80% delle adesioni: con il 70,5% già raccolto, la fusione e il delisting appaiono ormai inevitabili. Il board di Montepaschi, atteso in settimana, dovrà definire la lista per il nuovo cda di Mediobanca, da depositare entro il 3 ottobre, in vista dell’assemblea del 28. Intanto i protagonisti di Piazzetta Cuccia monetizzano. Alberto Nagel, Renato Pagliaro e Francesco Saverio Vinci, dopo mesi di critiche all’offerta, hanno apportato complessivamente 1,6 milioni di azioni, un passo che vale decine di milioni di euro. Per loro si tratta di un’operazione di puro trading, più che di una conversione sulla bontà dell’offerta, che continua a non convincerli.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti difende invece l’operazione: "Il mercato ha risposto positivamente, oltre ogni aspettativa". E assicura: "Il Tesoro non ha aiutato nessuno". Con il nuovo assetto, la quota pubblica in Mps scenderà dall’11,7% al 5%, mentre Delfin e Caltagirone resteranno azionisti chiave.