In un’intervista al “Corriere della sera”, Puccio Fede, oggi 89enne, ha condiviso gli aneddoti familiari che riguardano Emilio Fede, il fratello giornalista scomparso a inizio settembre:
“Eravamo quattro fratelli: Antonio, piccolo imprenditore, era il primo, classe 1927. Poi il secondogenito Emilio, il celeberrimo giornalista, nato nel 1931. Io, il terzo, Puccio Giuseppe, professione documentarista, sono del 1935. Il quarto, Carlo, 1941, era un contabile. Sono rimasto io…”.
Puccio ha partecipato al funerale del fratello, ma non ha mancato di ricordare il loro rapporto peculiare:
“Non ci vedevamo spesso, ma a nostro modo ci volevamo bene anche se lui ci considerava i fratelli poveracci. Mi invitò al matrimonio della prima figlia ma non a quello della seconda perché credo dovesse esserci Berlusconi. Però abbiamo condiviso tante cose”.
Tra i momenti più intensi c’è l’infanzia vissuta in Etiopia durante la guerra:
“Mio padre era un poliziotto, si stabilì con la famiglia ad Addis Abeba al via del conflitto; si occupava di controspionaggio, quando una spia inglese veniva catturata, la portavano a casa nostra, nel seminterrato. Con Antonio ed Emilio sentivamo le urla…”.
Dopo la riconquista inglese dell’Etiopia, il padre fu imprigionato in un campo destinato ai fascisti. I figli riuscirono a salvarsi grazie a un corridoio umanitario. Dopo la guerra, il padre riuscì a tornare in Italia grazie all’intervento di un monsignore e riprese servizio nella polizia:
“Finì a dirigere, da maresciallo, il commissariato di Ostia. Quando papà arrestava qualcuno Emilio origliava al suo ufficio e poi telefonava al Messaggero e al Momento Sera per dare la notizia”
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