Grazie a un ingegnoso setup, ricercatori riescono a visualizzare la rotazione di oggetti in movimento a velocità relativistiche
Era il 1905 quando un giovane Albert Einstein rivoluzionava il mondo della fisica, riformulando ed estendendo le leggi della meccanica classica (quella di Galilei, Newton, Lagrange e altri, per intenderci) con la sua famosa teoria della relatività ristretta (o speciale).
L’operazione fu necessaria in quanto, sebbene le formule precedenti funzionassero — e funzionino ancora — bene in ambiti in cui le velocità sono ridotte, avvicinandosi alla velocità della luce (ossia, circa 300.000 km/s) esse non sono più in grado di descrivere accuratamente i fenomeni fisici.
Difatti alcune cose che diamo per scontate non valgono più quando un oggetto si muove in maniera estremamente rapida. Prendiamo, ad esempio, la cosiddetta contrazione delle lunghezze: la relatività ristretta ci dice che se un razzo ipoteticamente viaggiasse al 90% della velocità della luce, ci apparirebbe 2,3 volte più corto rispetto a quando è fermo! Il buon senso farebbe pensare che sia impossibile, ma si tratta in realtà di un fenomeno verificato più volte in laboratorio (non con un razzo, ovviamente).
Sfortunatamente non è possibile scattare un’istantanea che mostri la contrazione in atto e ciò a causa dell’effetto Terrell-Penrose, in base al quale oggetti che si muovono a velocità relativistiche dovrebbero apparirci ruotati. Fino ad oggi tale effetto non era mai stato dimostrato sperimentalmente, ma ora un gruppo di ricercatori austriaci ha provveduto a colmare questa lacuna, in un’affascinante collaborazione tra scienza e arte.
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