Il Medio Oriente dopo Doha, verso la difesa comune arabo-islamica

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Il Medio Oriente dopo Doha, verso la difesa comune arabo-islamica

 

di Alex Marsaglia

 

“Eppur si muove!”, esclamava Galileo Galilei di fronte al Tribunale della Santa Inquisizione, mentre era costretto a ritirare le tesi eliocentriche. E così oggi, dopo quasi ottant’anni dall’inizio della colonizzazione israeliana nel vecchio Mandato britannico di Palestina a discapito della maggioranza musulmana, le popolazioni arabo-islamiche sembrano iniziare ad organizzarsi, procedendo con lentezza e costanza.

Ci sono voluti i BRICS Plus, che hanno incluso nel Sud Globale Iran, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. E soprattutto ci è voluta la più estesa ondata di bombardamenti israeliani in tutto il Medio Oriente che ha coinvolto 6 Paesi solo nell’ultimo anno. Quanto è accaduto al vertice di Doha però non è secondario, anzi. Un tentativo di riorganizzazione militare dei paesi arabo-islamici non accadeva dalla Rivoluzione egiziana di Nasser del 1952 a cui poi seguirono quelle che portarono alla nascita delle altre Repubbliche Arabe, alla Federazione delle Repubbliche Arabe spinta da Gheddafi e proseguita con una serie di conflitti per arginare la potenza colonialista israeliana, poi culminata nella Guerra del Kippur (6 - 25 ottobre 1973). A quella guerra seguì la prima vera crisi energetica per l’Occidente, conosciuta come la “crisi petrolifera” con un aumento del prezzo del petrolio del 70% e una vera e propria iniziativa unita da parte dei paesi arabo-islamici di attacco frontale all’Occidente e al suo ordine economico.

Se oggi è alquanto diffuso e comprensibile lo scetticismo verso i Paesi arabi che negli ultimi decenni hanno assistito nell’indifferenza quasi totale al massacro israeliano della popolazione civile palestinese, occorre tener conto che vi sono alcuni indizi che sembrano svelare il fuoco sotto alla cenere. Primo tra tutti è la progressiva influenza cinese nel Golfo Persico con l’iniziativa della Belt and Road Initiative (BRI) lanciata dal dragone nel 2013 come volano politico ed economico che ha contribuito ad intessere una fitta rete di relazioni tra Cina, Iran e le monarchie del golfo sino ad allora snodo cruciale degli Stati Uniti. La Cina con il suo approccio votato alla cooperazione economica, ha lasciato da parte il confronto muscolare tipico degli statunitensi, per sviluppare investimenti infrastrutturali finalizzati all’apertura di canali commerciali secondo una logica di mercato win-win. I Paesi del Golfo hanno ovviamente colto la palla al balzo, avendo riconosciuto nella Cina il più importante mercato mondiale in termini di esportazione di idrocarburi.

Sempre la Cina ha poi operato con la medesima logica cooperativista promuovendo il 10 marzo 2023 lo storico accordo di riconciliazione tra Arabia Saudita e Iran, contribuendo alla ripresa delle relazione diplomatiche tra i due. Questo intervento, seppur in maniera sotterranea, ha avuto anche effetti dal punto di vista militare, poiché i Paesi arabi divisi ad arte dal Washington consensus avevano accordi militari risalenti al 1998 e 2001 che sono stati riattivati in una prospettiva di cooperazione. Le traiettorie cinesi si sono spinte fino all’Egitto e al Canale di Suez, divenuto il perno centrale della Via della Seta. Già da qui si delinea una riunificazione del mondo arabo-islamico fino a qualche anno fa assolutamente insperata. Se aggiungiamo che questa politica estera cinese è stata affiancata dall’inclusione dei più grandi paesi arabi nei BRICS, completiamo un altro tassello del disegno di riunificazione del Sud Globale.

Quanto avvenuto poi durante l’ultima offensiva israeliana in Iran ci restituisce l’influenza di un altro attore filo-cinese nell’area che ha pesantemente influito sulla rapida conclusione dell’offensiva. Il Pakistan è stato il primo Paese islamico a rompere il silenzio omertoso che gravava attorno all’Iran, garantendo sostanzialmente la deterrenza nucleare con le sue 175 testate (https://thecradle.co/articles-id/31462). Un ingresso in scena, in una fase cruciale, di certo non di poco conto. Ebbene, dopo solo tre giorni dalla conclusione del Vertice di Doha che secondo alcuni doveva partorire solamente con una serie di fumosi proclami, proprio grazie al Pakistan assistiamo al primo accordo di mutua difesa tra due giganti arabo-islamici: Arabia Saudita e Pakistan per l’appunto.

Tale accordo rilancia nei fatti la creazione dell’alleanza militare arabo-islamica in funzione anti-israeliana e certamente non è un caso che tale iniziativa arrivi da un Paese che sin dall’indipendenza dall’Impero britannico è stato uno stretto alleato della Repubblica Popolare Cinese. Insomma, è bene tenere gli occhi puntati su quanto si sta muovendo in Medio Oriente in termini di alleanze militari perché potrebbero essere l’embrione di qualcosa di molto importante. Infine, un ritorno alla fratellanza dei popoli in difesa di un’unica nazione (arabo-islamica), come quello apertamente richiamato a Doha in seguito al grido palestinese - spinto da un’impellente necessità di sopravvivenza - ci restituisce un senso di civiltà che in Occidente abbiamo totalmente smarrito in quanto ci siamo considerati tutti figli degli imperialisti anglosassoni.  

Alex Marsaglia

Alex Marsaglia

Nato a Torino il 2 maggio 1989, assiste impotente per evidenti motivi anagrafici al crollo del Muro di Berlino. Laureato in Scienze politiche con una tesi sulla rivista Rinascita e sulla via italiana al socialismo, si specializza in Scienze del Governo con una tesi sulle nuove teorie dell’imperialismo discussa con il prof. Angelo d’Orsi. Redattore de Il Becco di Firenze fino al 2021. Collabora per un breve periodo alla rivista Historia Magistra. Idealmente vicino al marxismo e al gramscianesimo. Per una risposta sovranista, antimperialista e anticolonialista in Italia e nel mondo intero. 

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