Paolo Mendico: il bullismo a scuola, quando il silenzio degli adulti diventa complicità

set 21, 2025 0 comments


Di Luisa Paratore

Paolo aveva quindici anni, e a quindici anni si dovrebbe pensare alle prime amicizie importanti, alla musica da ascoltare in cuffia, al futuro che comincia a intravedersi.

Paolo invece ha scelto il silenzio definitivo, lasciando un vuoto che la sua famiglia e la comunità di Santi Cosma e Damiano non colmeranno mai.

Le indagini lo stanno dimostrando: non si è trattato di un malessere improvviso, ma di anni di prese in giro, chat infami, umiliazioni sistematiche.

Un bullismo che non si è fermato alle mura di casa o ai corridoi della scuola, ma che è entrato nel suo telefono, nella sua quotidianità, nella sua percezione di sé.

Decine di messaggi, screenshot, note firmate persino da insegnanti, raccontano di un ragazzo messo all’angolo, oggetto di ironie sul fisico, sui capelli, sulla statura.

Quel sarcasmo tagliente che molti considerano “educativo” o “un modo per stimolare” ma che, quando diventa costante e crudele, non educa: uccide.

Il nostro primo dovere è il cordoglio.

Non il cordoglio sterile di circostanza, non le frasi già pronte — “non ci aspettavamo”, “era un bravo ragazzo”, “nessuno si era accorto” — ma quello vero, che brucia, che mette in discussione un sistema intero.

A Paolo e alla sua famiglia va il pensiero più sincero, e la promessa che il loro dolore non venga insabbiato con l’ennesima commissione d’inchiesta destinata a finire in archivio.

Il bullismo tra studenti è noto, monitorato, studiato.

Ma guai a toccare l’argomento “insegnanti che bullizzano”: eppure esistono.

La letteratura scientifica lo documenta: uno studio pubblicato sull’International Journal of Bullying Prevention (Springer, 2022) definisce il teacher bullying un fenomeno diffuso, spesso mascherato da rigore o disciplina, ma in realtà capace di lasciare cicatrici psicologiche profonde.

Chi dovrebbe educare alla fiducia e al rispetto, talvolta diventa complice, o peggio, carnefice.

Non sempre con urla o aggressioni dirette: basta un continuo accanimento, un’evidente disparità di trattamento, il piacere malcelato di “mettere in ridicolo” lo studente davanti ai compagni. È bullismo, solo con la cattedra come scudo.

Ed è qui che la scuola italiana mostra la sua debolezza strutturale: troppa protezione corporativa, troppa paura di “sporcare l’immagine” dell’istituto.

Nel caso di Paolo, il fratello ha consegnato agli inquirenti chat e testimonianze che puntano non solo ai compagni, ma anche a responsabilità adulte.

Non sarà facile stabilire chi sapeva, chi vedeva e taceva, chi si è voltato dall’altra parte. Ma una cosa è certa: se esistono note firmate da insegnanti usate come arma di scherno, qualcuno ha sbagliato gravemente.

Non ci sono tragedie senza segnali.

Paolo, come tanti ragazzi in situazioni simili, aveva mandato messaggi silenziosi: cali nel rendimento, ansia mattutina, mal di testa ricorrenti, l’apatia di chi non vuole più entrare in classe.

Sono sintomi ben noti: l’Anti-Bullying Alliance nel Regno Unito li elenca da anni come indicatori inequivocabili. L’Osservatorio Nazionale Adolescenza in Italia ha confermato con dati recenti (2023) che oltre il 40% degli adolescenti dichiara di aver subito episodi di bullismo, e una parte significativa li vive in un clima di indifferenza adulta.

I genitori spesso vedono, ma non vogliono credere.

Non per cattiveria, ma per paura, per speranza che passi, per illusione che “sia solo una fase”.

Intanto, giorno dopo giorno, il ragazzo si convince di valere meno, di non contare nulla.

E quando arriva a pensare che il mondo stia meglio senza di lui, significa che la società intera ha fallito.

Non mancano leggi né protocolli.

La legge 71/2017 sul cyberbullismo obbliga le scuole a individuare un referente e a predisporre percorsi di educazione e prevenzione.

Nel 2023 il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha diffuso linee guida aggiornate (nota 4274/2023) con procedure precise.

Ma quante scuole le applicano davvero?

Spesso i protocolli restano carta nei cassetti, e il referente anti-bullismo è un nome su un foglio, sconosciuto agli studenti e ai genitori.

Il problema non è la mancanza di strumenti, ma la volontà di usarli.

Perché denunciare un compagno è già difficile, ma denunciare un insegnante è quasi impossibile.

Si teme la rappresaglia, la bocciatura, l’isolamento.

Così il sistema resta blindato, e chi soffre deve scegliere tra subire o esporsi a nuove ferite.

E qui sta il nodo più amaro: il silenzio. 

FONTE E ARTICOLO COMPLETO: https://betapress.it/bullismo-a-scuola-quando-il-silenzio-degli-adulti-diventa-complicita/ 

https://comedonchisciotte.org/paolo-suicida-a-14-anni-il-bullismo-a-scuola-quando-il-silenzio-degli-adulti-diventa-complicita/

Commenti

Related Posts

{{posts[0].title}}

{{posts[0].date}} {{posts[0].commentsNum}} {{messages_comments}}

{{posts[1].title}}

{{posts[1].date}} {{posts[1].commentsNum}} {{messages_comments}}

{{posts[2].title}}

{{posts[2].date}} {{posts[2].commentsNum}} {{messages_comments}}

{{posts[3].title}}

{{posts[3].date}} {{posts[3].commentsNum}} {{messages_comments}}

Search

tags

Modulo di contatto