Durante l’amministrazione Biden, YouTube, di proprietà di Google (Alphabet), ha adottato misure di censura che hanno portato alla rimozione di migliaia di account americani per contenuti considerati “disinformazione politica”, specialmente su temi quali la pandemia da Covid-19 e le elezioni statunitensi del 2020, vinte da Joe Biden e contestate da Trump. Ban, spesso permanenti, che hanno colpito account noti e meno noti, tra cui figure molto popolari come Dan Bongino (oggi vicedirettore dell’Fbi), l’ex chief strategist della Casa Bianca Steve Bannon e Robert F. Kennedy Jr., attuale ministro della Salute dell’amministrazione Trump.
La svolta di Google
Recentemente, sotto la pressione del Repubblicano Jim Jordan, YouTube ha annunciato un cambio di rotta importante su questo tema. In una lettera al Comitato Giudiziario della Camera, l’avvocato di Alphabet Daniel Donovan ha ammesso che l’amministrazione Biden ha esercitato una pressione “inaccettabile e sbagliata” per rimuovere video che non violavano le politiche della piattaforma, confermando che gli Stati Uniti hanno cercato di censurare americani per discorsi leciti.
Inoltre, la piattaforma ha dichiarato che il dibattito pubblico non dovrebbe mai dipendere dall’affidamento a “autorità”, promettendo di non utilizzare mai più fact-checker di terze parti e lanciando un monito sui rischi delle leggi europee sulla censura (come il controverso Digital Service Act).
Verso la riattivazione dei canali Youtube bannati
A partire da martedì, riferisce la stampa americana, YouTube ha introdotto un programma pilota che permetterà a canali precedentemente banditi di richiedere la riattivazione. Una mossa che segue anni di indagini e pressioni repubblicane per rivedere le politiche di censura imposte durante l’amministrazione del presidente Joe Biden, che fece pressioni per chiedere alle piattaforme di rimuovere i contenuti inerenti il contenuto problematico del laptop del figlio, Hunter Biden.
Il mea culpa delle Big Tech non si limita a Google. Ad agosto 2024, il Ceo di Meta, Mark Zuckerberg, ha scritto una lettera al Comitato ammettendo che l’amministrazione Biden ha “pressato” Facebook per censurare alcuni cittadini americani, che la piattaforma ha effettivamente censurato utenti e che ha limitato la diffusione della storia sul laptop di Hunter Biden. Ammissioni che rafforzano la tesi di una violazione, da parte del governo americano e delle autorità, della libertà di espressione e di parole garantita dalla costituzione.
“E dopo Zuckerberg – commenta su X l’ex presidente Rai Marcello Foa – anche Google ammette una delle a pagine più sconcertanti della storia della democrazia statunitense: negli anni del COVID, l’amministrazione Biden ha imposto la censura di contenuti e di opinioni contrari alla narrativa ufficiale, inibendo pertanto la libertà di opinione e di confronto. Il tutto all’insaputa dei cittadini e in evidente violazione dei principi costituzionali. Ora promettono che in futuro non accadrà mai più. Ma in questo caso, non basta la parola. Occorrono i fatti”.
FONTE E ARTICOLO COMPLETO: https://it.insideover.com/media-e-potere/dopo-facebook-anche-google-ammette-abbiamo-censurato-su-richiesta-di-biden.html
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