Bolsonaro condannato. E il figlio chiede l’intervento militare degli Stati Uniti

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Eduardo Bolsonaro ha invocato l’arrivo di caccia F-35 e navi da guerra nel suo Paese natale, sostenendo di “preferire la guerra alla schiavitù”.

di Claudiléia Lemes Dias*

Giovedì 11 settembre, la Corte Suprema del Brasile ha condannato l’ex presidente Jair Bolsonaro a 27 anni e tre mesi di carcere per tentativo di colpo di Stato e altri quattro reati commessi dopo le elezioni del 2022.

La sentenza ha identificato Bolsonaro come il leader di un’organizzazione criminale responsabile della pianificazione dell’assassinio dell’attuale presidente Lula, del vicepresidente Geraldo Alckmin e del giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes. Tra i colpevoli figurano anche tre generali dell’esercito brasiliano, considerati suoi principali alleati, Augusto Heleno Ribeiro Pereira, Walter Braga Netto e Paulo Sérgio Nogueira.

Oltre ai generali, sono stati condannati Almir Garnier, ammiraglio capo di Stato Maggiore della Marina, e Mauro César Barbosa Cid, tenente colonnello ed ex aiutante di campo di Bolsonaro alla presidenza.

Cid è figlio di un altro generale a quattro stelle che aveva frequentato con Bolsonaro l’Academia Militar das Agulhas Negras (AMAN).

I reati imputati, oltre a golpe di stato, includono associazione a delinquere, tentativo di abolizione violenta dello Stato di diritto democratico, danno aggravato dalla violenza e distruzione del patrimonio pubblico.

Le condanne oscillano tra i 27 e i 16 anni di reclusione, eccezion fatta per Mauro César Cid che, essendo collaboratore di giustizia, ha ricevuto una pena ridotta a due anni.

A seguito della sentenza, Eduardo Bolsonaro, deputato e figlio dell’ex presidente, ha pubblicamente dichiarato su Instagram: “Grazie a Dio abbiamo l’alleato più potente del mondo”, riferendosi al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Eduardo, trasferitosi negli USA nel marzo 2025, dopo aver abbandonato il suo incarico parlamentare, senza fornire alcun tipo di spiegazione, ha guidato una lobby contro il Paese che lo ha eletto.

Sostenuto dalla destra transnazionale, il figlio dell’ex presidente ha chiesto e ottenuto misure drastiche contro il Brasile, come l’applicazione di dazi del 50% sulle esportazioni, oltre a sanzioni contro i magistrati che avrebbero giudicato il proprio padre. Ora, però, con la condanna, sostiene la possibilità di un intervento militare statunitense in Brasile, in vista di ciò che definisce il “consolidamento del regime attuale”.

Paragonando il Brasile di Lula alla Venezuela di Maduro, in un discorso provocatorio e violento, come da consuetudine tra i politici dell’estrema destra, Eduardo Bolsonaro ha invocato l’arrivo di caccia F-35 e navi da guerra nel suo Paese natale, sostenendo di “preferire la guerra alla schiavitù”.

Sebbene le tariffe sul Brasile, inizialmente annunciate da Trump, siano state successivamente ridimensionate sotto le pressioni degli imprenditori statunitensi, non sono escluse nuove aggressioni economiche al Paese.

Dopo le dichiarazioni di Trump e del segretario di Stato, Marco Rubio, contro la sentenza di condanna dell’alleato Bolsonaro, il Ministero degli Affari Esteri del Brasile ha risposto con un comunicato ufficiale.

Il documento ha ribadito l’indipendenza della magistratura garantita dalla Costituzione del 1988 e sottolineato che agli imputati è stato garantito il pieno diritto alla difesa.

La risposta della magistratura, ha affermato il comunicato, è la giusta risposta delle istituzioni democratiche brasiliane ai tentativi golpisti.

Domenica 14 settembre Bolsonaro ha lasciato la sua residenza, dove sconta gli arresti domiciliari, per eseguire dei controlli medici.

Nell’inchiesta riguardante la condotta del figlio Eduardo negli Stati Uniti, emerge il coinvolgimento dell’ex presidente come principale finanziatore della lobby orchestrata per applicare misure punitive contro l’economia e la magistratura brasiliana.

Tale comportamento, al vaglio della Corte Suprema che lo ha appena condannato, configura reati di coercizione verso giudici e autorità e istigazione di uno Stato estero a intervenire per danneggiare l’economia di un paese democratico.

La giudice della Corte Suprema Carmen Lucia Antunes Rocha ha ricordato che dal 1889, anno della caduta della monarchia brasiliana, il Paese ha attraversato almeno 15 colpi o tentativi di colpo di Stato per mano dei militari. Secondo lei, concedere l’amnistia generale – come richiesto da alcuni settori politici della destra, ad esempio di quanto accaduto negli Stati Uniti, agli assalitori di Capitol Hill – avrebbe rappresentato un passo indietro storico per una nazione che ha faticosamente costruito quarant’anni di democrazia.

Immagine di copertina via twitter.com/gabrielabilo1

*Claudiléia Lemes Dias (Rio Brilhante, Brasile, 1979) è laureata in Legge presso la Pontificia Università Cattolica del Paraná, Master in Mediazione Familiare (Centro Europeo di Mediazione Familiare) e Tutela Internazionale dei Diritti Umani (Università La Sapienza di Roma). Ha pubblicato romanzi e racconti con Mangrovie Edizioni, Fazi Editore, Erudita, Infinito Edizioni, Seb 27, Edizioni della Sera, e vinto il Concorso Letterario Nazionale Lingua Madre (2008, Salone Internazionale del Libro di Torino). Ha pubblicato i saggi Fascismo tropicale: il Brasile tra l’estrema destra e il Covid-19 (2020, Dissensi Ed.) e Le catene del Brasile, un paese ostaggio delle religioni (2022, Asino d’oro Ed.). Il suo blog “Arte di Salvarsi”, dedicato alle vittime di violenza domestica e psicologica ha raggiunto oltre 13,5 milioni di visualizzazioni. Collabora con la rivista LEFT.

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