
Mediobanca, un 8 settembre lastricato d’oro: Nagel con 53 milioni parla in latino: MPS al 70% - Blitzquotidiano.it (Francesco Gaetano Caltagirone nella foto Ansa)
Mediobanca avrà presto un nuovo consiglio di amministrazione. I precedenti vertici sono tutti dimessi tranne uno che era espressione della nuova maggioranza e mentre firmavano le lettere di dimissioni autorizzavano la vendita dei pacchetti di azioni che si erano conquistati in vent’anni di lavoro in banca.
Così Nagel, finora ha incassato 53 milioni di euro cedendo sul mercato 465.222 azioni a un prezzo medio di 21,41 euro l’una. La vendita dell’ultima tranche gli ha garantito un incasso di circa 10 milioni di euro, che si sommano ai 43 milioni già maturati nelle precedenti vendite, portando il totale a oltre 53 milioni di euro.
Anche altri componenti del vecchio CdA hanno venduto. Il presidente Renato Pagliaro, in carica fino all’assemblea di ottobre, ha venduto 100.000 azioni a 21,37 euro, mentre il direttore generale Francesco Saverio Vinci ha ceduto 112.688 pezzi a 21,57 euro per un controvalore di circa 8,5 milioni. Vinci sembra essere parte della lista dei candidati alla successione di Nagel.
Al 19 settembre 2025 – quarto giorno di riapertura dei termini – sono state presentate 47.150.272 richieste di adesione.Pertanto, informa Borsa Italiana, la percentuale delle azioni apportate durante la riapertura dei termini e delle azioni apportate durante il periodo di offerta sulle azioni oggetto di offerta è pari al 70,4845%.
Mediobanca addio

In una lettera di addio ai dipendenti, Alberto Nagel si è permesso il lusso di una citazione in latino.
“Ricordatevi di quanto scrisse Orazio: ”Graecia capta ferum victorem cepit”, scrive poi Nagel. Il riferimento alla conquista di Mediobanca da parte di Mps è traducibile con: “La Grecia conquistata conquistò il selvaggio vincitore”.
Segue una previsione: “Vi attendono ora nuove sfide che, ne sono certo, sarete pronti a superare stando uniti e preservando quella cultura e diversità che vi rendono unici. Così come sono certo che la nuova proprietà della banca non potrà prescindere dal valorizzare il vostro non comune patrimonio di professionalità”
“Sono passati oltre 34 anni – aggiunge – da quando sono entrato in Banca ed oltre 22 da quando me ne è stata data la responsabilità. Un periodo molto lungo, nel quale abbiamo fatto insieme un percorso straordinario di crescita e rinnovamento ascrivibile interamente alla vostra capacità e senso di appartenenza”.
Dopo aver ripercorso le tappe salienti dell’evoluzione della banca sotto la sua guida – come “utile” riflessione “su quanto è stato fatto per apprezzarne la portata e come stimolo su quanto potrà farsi” – Nagel ricorda come Mediobanca abbia “sempre investito in talento umano, triplicando il personale sino a raggiungere gli attuali 6.200 colleghi, a differenza di molti intermediari che hanno dovuto effettuare forti ristrutturazioni”, e abbia “distribuito agli azionisti circa 8,5 miliardi, senza mai fare aumenti di capitale” con un total shareholder return (rivalutazione azionaria più dividendi, ndr) del +500%”.
Il tutto, aggiunge, “accompagnato da un altrettanto incisivo cambiamento dell’azionariato della banca: nel 2004 il 55% del capitale era racchiuso in un patto di sindacato ed il resto sul mercato” mentre “a metà del 2019, con la progressiva riduzione del patto di sindacato, peraltro trasformato in un accordo di consultazione, il capitale sul mercato è pressoché totalitario e Mediobanca una vera public company”. “Dal 2020 ad oggi si è assistito ad un ritorno dell’azionariato ‘stabile’ a discapito del mercato”.
Un tuffo nella storia
Fabio Insenga di ADN Kronos commenta:
Evidente l’accostamento della Grecia conquistata a Mediobanca e del selvaggio vincitore, i Romani, a Mps e, a cascata e con un’interpretazione più larga, a chi ha sostenuto l’operazione, quindi a Caltagirone, agli eredi di Del Vecchio e alla politica che l’ha facilitata.
Una citazione che richiama alla memoria un precedente. Quello dell’allora amministratore delegato di Capitalia Matteo Arpe, durante la ‘battaglia’, che perse, con l’allora presidente Cesare Geronzi. Era il 2007 e intorno alla banca romana si muovevano gi interessi della banca spagnola Santander e del finanziere francese Vincent Bollorè. “Quanto sta accadendo in questi giorni somiglia a quanto accaduto in Italia tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento con le signorie che litigavano tra loro e, per risolvere la situazione, chiamarono i francesi. Non vorrei che si ripetesse la storia di Ludovico il Moro e della chiamata dei francesi”, fu la ricostruzione di Arpe che poi, sollecitato da un giornalista che ricordava il motto “Franza o Spagna purché se magna”, attribuito a Francesco Guicciardini, replicava: “Mi pare un detto molto attuale a Roma in questi giorni”.
Dai Francesi e gli Spagnoli ai Romani che conquistarono la Grecia, da Matteo Arpe ad Alberto Nagel, evidentemente i banchieri si affidano alle citazioni storiche quando vogliono dire più di quello che si sentono di dire esplicitamente.
Matteo Borrelli di Italia Informa aggiunge:
L’operazione, orchestrata con il sostegno di grandi soci privati come Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin, si intreccia con il disegno di un terzo polo bancario allargato insieme a Banco Bpm e Crédit Agricole Italia. L’obiettivo è costruire un campione nazionale della bancassicurazione competitivo su scala europea.
Il vero bersaglio è il Leone di Trieste, che ha come Ceo Philippe Donnet, che era sostenuto da Mediobanca e dai suoi alleati. Con il combinato disposto Mps–Mediobanca e i pacchetti di Caltagirone e Delfin, la soglia di influenza potenziale in assemblea supera già il 50% dei voti. Considerando una storica partecipazione intorno al 78–80%, il 41% può essere determinanteper indirizzare le scelte di governance.
Lo scenario sul tavolo prevede un possibile riassetto della governance già prima dell’assemblea di aprile 2026 (bilancio 2025). L’attuale Group Ceo Philippe Donnet, forte di risultati record e del sostegno di molti investitori istituzionali, resta un perno. Ma cresce la pressione per valutare alternative di leadership, anche in funzione della strategia industriale e delle alleanze nel risparmio gestito.
Tra i nodi chiave c’è il futuro del progetto con Natixis, che ipotizza una joint venture nella gestione di circa 1.900 miliardi di euro di asset, posizionando il Leone tra i leader europei.
Una parte del fronte italiano spinge per congelare l’intesa e riallineare il perimetro con il nascente terzo polo bancario, preservando centri decisionali e catene del valore in Italia.
Un eventuale passaggio di Donnarumma libererebbe la guida di Ferrovie dello Stato, macchina complessa chiamata a realizzare un piano da 100 miliardi al 2029. In valutazione profili con forte esperienza industriale, tra cui Luigi Ferraris e Roberto Tomasi.
Nella stagione dei rinnovi rientrano anche Eni, Leonardo, Terna e Poste Italiane. La continuità dei vertici appare l’opzione prevalente, alla luce dei risultati 2024–2025 e della coerenza con i piani industriali.