Parte ancora una volta dal ricordo di Charlie Kirk, per ribadire che sono a sinistra "quelli cresciuti con l'idea che chi è diverso da te andava abbattuto". E rievocando gli Anni di piombo, quelli "in cui potevi essere ammazzato a colpi di chiave inglese per aver scritto un tema sulle Brigate rosse", Giorgia Meloni assicura che lei e la sua comunità oggi come allora vanno avanti con coraggio.
"Le minacce si moltiplicano man mano che dimostriamo di saper governare questa nazione, ma non abbiamo paura", scandisce sul palco di Fenix, la festa di Gioventù nazionale, formazione giovanile di FdI, in 27 minuti di intervento ad alto tasso di polarizzazione, tra rivendicazioni dei risultati del suo governo e avvertimenti agli avversari. Se a 600 chilometri di distanza, a Pontida va in scena la kermesse della Lega, a due passi dal laghetto dell'Eur di Roma Meloni batte sui tasti identitari del suo partito, senza riferimenti alle guerre o ai prossimi bivi del centrodestra (come manovra o Regionali) in un comizio che sembra aprire una lunga campagna elettorale.
Davanti ha una platea, tutti in maglia bianca, che sente "la responsabilità di formare una classe dirigente da cui il partito potrà attingere in modo prioritario", come spiega il presidente di Gn, il deputato 35enne Fabio Roscani. L'etichetta di gioventù meloniana non piace alla leader: "Non appartenete a me ma all'Italia, e pensate con la vostra testa, non abbiate paura ad andare controcorrente. Io combatto al vostro fianco". Meloni fa il pieno di applausi, e anche di risate quando, dopo 25 minuti promette di chiudere a breve, perché il derby di Roma incombe "e non voglio fare la fine di Fantozzi con 'La corazzata Potëmkin' e le radioline".
"Forza Lazio", urla una ragazza dalla platea. "Stai calma", le sorride Meloni, sulla cui fede calcistica da sempre si dibatte. I decibel sono alti soprattutto nella prima parte del discorso. Quando la leader di FdI si scaglia contro "i moralizzatori" che nei mesi scorsi hanno attaccato Gn ma non hanno detto "mezza parola sull'ignobile post pubblicato da sedicenti antifascisti che esibiva l'immagine di Kirk a testa in giù, con la scritta -1". "Siamo fieri di non essere come loro", spiega, come "chi pensa di poter imporre con la forza le proprie convinzioni", o chi considera meno preziosa "la vita di chi non la pensa come loro". Diapositive, aggiunge, "non della sinistra italiana, ma proprio della sinistra mondiale".
Loro e noi, è il leitmotiv. E "noi", assicura, "continueremo a rispettare chi la pensa diversamente, a dimostrare con il sorriso e la logica quanto le loro tesi siano spesso assurde, a non avere paura del tentativo di demonizzarci perché non sanno rispondere nel merito, non avremo paura dei tentativi di censura, degli insulti". Poi, parlando di scuola e università, i centri nevralgici dell'attivismo politico dei ragazzi di Gn, rivendica la riforma dell'accesso a Medicina, "una piccola ma grande rivoluzione fondata sul merito, parola che la sinistra sessantottina voleva cancellare: per molti era impossibile ma la parola 'impossibile' è la coperta di Linus che i vigliacchi usano per non fare i conti con la realtà". E la riforma della Maturità, "perché non ne possiamo più dei disastri del '68, il 6 politico, una meritocrazia fondata su una distorta idea di uguaglianza...".
Fabio Rampelli ("Diversamente giovane", si definisce) è fra i pochi in platea che all'epoca era già in classe, ma si alzano applausi. Che accompagnano tanti passaggi del discorso: la rivendicazione della lotta alla mafia "sin dal primo provvedimento"; quella del decreto contro occupazioni abusive, truffe agli anziani e accattonaggio, perché "la sicurezza è la precondizione per la libertà"; la rivendicazione di "andare in giro per il mondo e poter dire 'non fare il furbo con me, io sono italiano'"; o l'impegno a "superare le troppe rendite di posizione imbrigliano questa nazione". La conclusione di Meloni guarda al futuro: "Continuerò a mettercela tutta fino all'ultimo, abbiamo per le mani un'occasione storica che non possiamo permetterci di sprecare".
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